Investitori confusi?
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Nel giro di pochi mesi gli investitori sono passati dalla certezza di dover affrontare un futuro di crescita economica globale complessivamente stagnante, con banche centrali continuamente impegnate a comprare asset e con bassi tassi d’interesse (magari anche negativi), a un mondo piuttosto diverso, in cui le prospettive di crescita economica sono improvvisamente e sorprendentemente migliorate: dove riappaiono timori di inflazione e soprattutto prospettive di diversi rialzi nei tassi d’interesse da parte della Fed e con le altre banche centrali che sembrano orientate a ridurre i famosi  programmi d’acquisto delle obbligazioni (QE). Con tutto ciò, sottolinea una nota di Consultinvest, c’è materia per lasciare confusi diversi investitori sul da farsi. Ma non è il caso di farsi confondere.

Siamo molto probabilmente ad un punto di svolta per i mercati obbligazionari, arrivato dopo un lungo trentennio di riduzione dei rendimenti che li ha portati a raggiungere livelli difficilmente sostenibili a lungo, se non per la continua distorsione apportata dal coinvolgimento delle banche centrali (e non parliamo solo dell’aberrazione dei tassi negativi), aggiunge la nota. Diversi elementi infatti puntano verso un nuovo ciclo, destinato a rendere l’investimento obbligazionario sui mercati sviluppati – e non solo su quelli governativi, anche il credito pare complessivamente a fine corsa – molto più volatile e rischioso per la prospettiva di avere tassi più alti (e prezzi più bassi) in futuro. Tassi magari non particolarmente elevati ma sicuramente più elevati. Vuoi per la Fed che alzerà i tassi, vuoi per la possibile azione di reflazione dell’amministrazione Trump, vuoi per la probabile fine di un ciclo di depressione dei prezzi delle materie prime, vuoi per le valutazioni elevate raggiunte dai prezzi delle obbligazioni governative e del credito grazie agli acquisti delle banche centrali, lo spazio per guadagni e bassa volatilità con l’investimento obbligazionario, come visto fino a soli pochi mesi fa, ci pare molto limitato.

L’investitore dovrà volgersi sempre di più verso investimenti legati alla crescita dell’economia reale. Strumenti come possono essere le azioni che indubbiamente soffrono o possono soffrire di meno dal rialzo dell’inflazione e dei tassi d’interesse. Le azioni oggi hanno valutazioni che non sono basse, ma rimangono ancora molto interessanti relativamente a quelle delle obbligazioni, anche alla luce di quanto sta accadendo e potrà accadere negli USA, precisa la nota. Il presidente Trump rischia di essere un “game changer”: nel bene o nel male le sue scelte future avranno – anzi stanno già avendo – effetti e impatti che giustificano un cambio di Scenario, soprattutto sull’obbligazionario, e che possono spingere ancora le azioni al rialzo nei prossimi mesi. Il taglio delle tasse, la deregulation, alcune misure di politica industriale in favore della produzione domestiche ad alta intensità di lavoro, la possibile spinta verso investimenti in infrastrutture, una politica commerciale più aggressiva e protezionista, sono aspetti che puntano nella direzione di rischi di maggiore inflazione negli USA e allontanano lo spettro della stagnazione (tanto favorevole per le Obbligazioni) oltre a creare aspettative e “animal spirits” molto efficaci nel rilanciare investimenti e crescita economica e spingere la FED ad alzare i tassi più di quanto fatto nel 2016.

E come sempre il trend del cambiamento partirà dagli USA, con gli altri paesi sviluppati a seguire in ritardo, magari per diverse ragioni: queste possono spaziare dal protrarsi dell’azione di sostegno della BCE per le incertezze e le difficoltà politiche interne o di quelle della BoJ in Giappone a causa delle rigidità strutturali accumulatesi in lunghi anni di deflazione. E si badi che queste aspettative e speranze di cambiamento hanno subito iniziato a “lavorare” e a spiegare i movimenti di mercato visti dopo l’8 Novembre e che hanno spinto le valutazioni delle azioni e i tassi d’interesse ad anticipare, forse troppo velocemente, il cambiamento al punto che oggi il mercato si interroga se non si sia esagerato con le aspettative. Ebbene, prosegue Consultinvest, non crediamo che questa sia una falsa partenza: le potenzialità di un cambiamento ci sono e ci sono soprattutto le aspettative per un cambiamento futuro che sposteranno nella prima parte del 2017 le decisioni d’investimento.

Azioni dunque ancora in focus, magari con maggiore attenzione a quelle USA e quelle di alcuni paesi emergenti (non la Cina) dove la crescita ha solidi motivi per rimanere strutturalmente più elevata. Sarò più rischioso invece allocare sull’area euro dove – come anche nel 2016 – i rischi politici terranno lontano l’interesse internazionale di riallocazione dal comparto obbligazionario (complice anche la BCE). Focus sulle azioni sempre cercando di non rincorrere i prezzi acquistando invece sulla debolezza: siamo in un ciclo espansivo maturo dove le valutazioni non sono generalmente così stracciate come nel 2009 e il rendimento dell’investimento alla fine dipenderà molto da quale prezzo si sarà pagato, conclude la nota.

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