Italia e Francia hanno presentato al Consiglio europeo la loro proposta sulla web tax
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La quale tuttavia non sembra aver trovato fortuna auspicata.
Nelle conclusioni del Consiglio sulla materia, si nota la matrice d’impostazione voluta dai due Paesi, ma la linea generale sembra prendere una direzione tutt’altro che concorde con quella voluta da Gentiloni e Macron.

In un comunicato pubblicato l’altro ieri si legge infatti quanto sia “importante assicurare delle condizioni eque di concorrenza a livello mondiale” sebbene queste vadano viste “conformemente ai lavori attualmente in corso in seno all’Ocse”, l’organizzazione mondiale del commercio.

A questo invito fa seguito quello di “perseguire l’esame della comunicazione della Commissione” rivolto a tutti i ministeri delle Finanze dell’UE, mentre spetterà all’Europa “presentare delle proposte appropriate all’inizio del 2018”.

In altre parole si è finito per premiare le politiche di quei paesi come Olanda, Lussemburgo, Cipro, Malta e Irlanda che fanno dell’ambiguità fiscale la propria linea di condotta nei confronti dei rapporti economici con i colossi del web.

Si allungano quindi i tempi per arrivare ad un accordo definitivo, soprattutto visto l’ostracismo di molti dei Paesi afferenti all’UE che possono essere classificati come “piccoli” solo da un punto di vista geografico, ma che vantano un’enorme potere contrattuale merito ai rapporti con i giganti della rete.

Amaro Gentiloni, a cui non resta che ammettere che “qualche passo avanti potrebbe essere fatto già nel dibattito parlamentare sulla manovra, senza intaccare l’accordo che verrà trovato a livello internazionale”.

L’idea, non esternata ma plausibile, è quella di trovare una “terza via” fra le procedure europee e quelle nazionali, andando a cercare accordi bilaterali con quei Paesi membri che condividono la linea di pensiero italiana. Uno di questi potrebbe essere la Francia, a dimostrazione di quanto i legami fra il Belpaese e i cugini transalpini non siano mai stati tanto forti.

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