La fine del credit crunch è vicina?
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È ancora presto per dirlo e dopo quattro anni con il contagocce nei primi mesi del 2015 si inizia a intravedere qualche timido segnale di risveglio del credito alle imprese nel Nord-Est e al Centro. Un dato che secondo Gianfranco Torriero, vicedirettore generale dell’Abi, indica che «l’inversione di tendenza è iniziata, il mercato del credito sta ritornando in una fase fisiologica».
Più realista Vincenzo Boccia, presidente del Comitato tecnico Credito e Finanza di Confindustria: «Non siamo ancora in presenza di segnali di rialzo, bensì di fine caduta». E prosegue: «Una risalita dei prestiti si materializzerà nella seconda parte dell’anno, sostenuta dalle recenti misure della Bce. Ma si tratterà di una lenta risalita che si rafforzerà nel 2016, accompagnando il recupero dell’attività economica». Confindustria non si attende, tuttavia, «che si torni né ai livelli, né ai ritmi di crescita del credito osservati nel periodo pre-crisi».
Secondo i dati di Crif, gli spiragli di ripresa dell’economia con il graduale ritorno degli investimenti e il calo dei fallimenti stanno portando a un aumento della domanda. Al tempo stesso, le maxi-iniezioni di liquidità da parte della Bce rappresentano un incentivo per le banche a erogare nuovi crediti a tassi ai minimi storici. Secondo l’Abi i nuovi prestiti alle imprese sono aumentati del 16% nei primi sette mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2014.
Per restringere il focus sul territorio gli ultimi dati ufficiali sono quelli della Banca d’Italia con il fermo immagine al primo trimestre. A quella data a livello complessivo le erogazioni per imprese e famiglie sono cresciute dell’1,5 per cento, con un balzo del 19% nel Nord Est, con il Sud a un timido +0,4 per cento e tutte le altre aree rimaste in territorio negativo. La situazione cambia se si considera solo la voce relativa agli «investimenti in macchine e attrezzature» che misura la temperatura dei prestiti alle aziende finalizzati alla crescita. Qui, a livello nazionale, la crescita è stata dell’8% rispetto al primo trimestre 2014. Anche in questo caso, la performance non è stata omogenea: il Nord-Est – che partiva da valori più alti – ha registrato un aumento del 6% e il Centro ha visto crescere le erogazioni del 78%, mentre i finanziamenti sono ancora in calo nel Sud e nelle isole. In testa per ammontare dei prestiti per investimenti è il Nord-Ovest (2,9 miliardi a fine marzo) ma in calo rispetto al primo trimestre del 2014. «Questo andamento – sottolinea Torriero – parte dall’area che più risente positivamente anche della domanda estera, come è generalmente il nostro Nord- Est».
L’analisi degli stock mette in luce alcune criticità. Il volume è ancora lontano dai livelli pre-crisi, con uno “spread” di 123 miliardi rispetto al picco di settembre 2011. A livello territoriale i dati più aggiornati si fermano a maggio e mostrano consistenze dei prestiti alle imprese in calo dell’1,7% al Centro-Nord e a -0,7% al Sud. Secondo le stime del Centro Studi di Confindustria, a partire da quest’anno il trend dovrebbe iniziare a cambiare verso, con una crescita dello 0,5% seguita da un aumento più robusto (2,2%) nel 2016.
A rafforzare le attese di una lenta inversione di tendenza sono le richieste di finanziamento presentate dalle imprese nel primo semestre, che hanno raggiunto il record dal 2008. Secondo Crif il numero di domande è cresciuto dell’1,8% rispetto ai primi sei mesi del 2014 e del 14% rispetto al 2013. Le richieste delle società di capitali hanno registrato una crescita del 9,5 per cento. «Negli ultimi anni – spiega il communication and corporate relations director, Maurizio Liuti – c’è sempre stata una continuità di domanda. Quello che è cambiato è che nei momenti bui le imprese erano costrette a giocare in difesa e chiedevano liquidità per restare a galla, oggi iniziano a giocare d’attacco per investire».
In questa fase, spiega Boccia, «resta cruciale sostenere la liquidità e l’accesso al credito delle imprese. È anche per questo che Confindustria ha lavorato molto negli ultimi anni per favorire l’accesso delle imprese a strumenti finanziari alternativi al credito bancario e a promuoverne l’accesso al mercato dei capitali. Ricordo in proposito la nuova moratoria dei debiti, il rafforzamento del Fondo di Garanzia per le Pmi, le misure per il pagamento dei debiti della Pa, l’adozione del Codice Italiano Pagamenti responsabili, il tavolo con l’Abi per valorizzare l’utilizzo delle variabili qualitative nei sistemi di rating. Ma anche la riforma dei minibond, la creazione e il rafforzamento del Fondo Italiano d’Investimento, l’Ace, la creazione di Aim Italia, gli interventi per favorire l’investimento di fondi pensione e assicurazione nell’economia reale, il Programma Elite di Borsa Italiana che sosteniamo anche tramite una serie di Desk appositamente costituiti sul territorio. Molto altro si potrà fare anche nell’ambito del progetto Capital Markets Union della Commissione Ue, al quale stiamo fattivamente contribuendo».
Che cosa manca dunque per certificare la fine del credit crunch? «Oltre alla regolamentazione Ue ora – dice Boccia – il nodo principale da sciogliere resta quello dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche. Le misure varate di recente dal governo aiuteranno, insieme alla ripresa dell’economia, a liberare i bilanci così da favorire la ripartenza del credito. Ma servono ancora interventi: per questo guardiamo con attenzione e attesa alle misure allo studio da parte del Governo».
Secondo Torriero, «perché questi segnali si rafforzino ulteriormente occorre una ripresa ancora più forte dell’attività di investimento delle imprese che è interconnessa con l’andamento dell’economia. Le premesse ci sono, tutti vogliamo contribuire alla ripresa economica del Paese».
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