L’ECONOMIA DELLA PUGLIA

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Nel 2012 il valore aggiunto in Puglia è tornato a flettere per effetto della diminuzione della domanda interna e del rallentamento di quella estera, interrompendo la debole ripresa del biennio precedente. La contrazione è stata di intensità inferiore a quella del Mezzogiorno e in linea con l’Italia. La produzione nel comparto industriale regionale si è ridotta; secondo un’indagine della Banca d’Italia, il fatturato a prezzi costanti è diminuito di circa il 2 per cento. La flessione delle vendite ha riguardato anche gli stabilimenti di imprese del Centro Nord o estere, che nello scorso decennio hanno accresciuto il proprio peso nel settore manifatturiero regionale: nel 2010 essi rappresentavano un quarto del valore aggiunto e degli investimenti, un sesto degli occupati.
In presenza di un’alta quota di capacità produttiva inutilizzata e della flessione della domanda, gli investimenti si sono ridotti per il quinto anno consecutivo. Per il 2013 le imprese prevedono una stabilizzazione del fatturato sui livelli dell’anno precedente e un’ulteriore lieve riduzione dell’accumulazione di capitale.
Le esportazioni, che hanno fortemente sostenuto il fatturato industriale dal 2010, hanno rallentato. L’export ha continuato a crescere presso i comparti della meccanica, dei mezzi di trasporto, della gomma, dei prodotti chimico-farmaceutici e dell’alimentare. Sono calate invece le vendite all’estero dei settori del “made in Italy” e della siderurgia, che ha risentito del blocco della vendita dei prodotti dello stabilimento Ilva. Dall’inizio della crisi nel 2008 le esportazioni pugliesi sono cresciute più che nel resto del paese.
Il calo della produzione del settore delle costruzioni ha riflesso in prevalenza l’ulteriore indebolimento del mercato residenziale: il numero delle compravendite si è ridotto di un quarto, dimezzandosi rispetto al picco del 2006. Le imprese della filiera immobiliare rappresentano una quota sul fatturato delle imprese regionali maggiore che in Italia; esse hanno registrato una crescita delle vendite superiore alla media nazionale nel periodo pre-crisi e un calo minore durante la crisi. L’attività nel settore dei servizi si è ridotta, risentendo del calo dei consumi. La flessione delle vendite al dettaglio ha riguardato con particolare intensità i beni durevoli. Il comparto dei trasporti ha registrato nel complesso un andamento negativo e anche le presenze di turisti sono diminuite dopo una crescita ininterrotta dalla seconda metà del decennio scorso.
La capacità innovativa delle imprese pugliesi, nonostante la presenza di alcuni casi di eccellenza, è complessivamente in linea con quella delle regioni meridionali, ancora bassa nel confronto col resto del paese. Il divario è riconducibile alla minore quantità di risorse investite dal settore privato, a sua volta dovuta alla minore dimensione media delle imprese. Anche la presenza d’investitori specializzati che possono agevolare la crescita di imprese innovative, quali i fondi di private equity, appare più scarsa che in altre aree del paese.
Il calo dell’attività economica si è ripercosso sulle condizioni del mercato del lavoro. In presenza di un numero di occupati stazionario, le ore lavorate sono diminuite, meno intensamente rispetto al Mezzogiorno e all’Italia. Le minori ore lavorate hanno riflesso la ricomposizione degli occupati a favore dei contratti part time, il minor lavoro straordinario e il più intenso ricorso ad ammortizzatori sociali. Il tasso di disoccupazione è cresciuto soprattutto per effetto del maggior numero di uomini alla ricerca di un lavoro dopo averlo perso e di donne senza precedenti esperienze di lavoro che si sono messe in cerca di occupazione. Nel 2012 le minori ore lavorate e la debole crescita delle retribuzioni orarie si sono tradotte in un ristagno dei salari medi dei lavoratori dipendenti.
Nel 2012 si è arrestata la crescita del credito all’economia. I prestiti alle imprese hanno ristagnato risentendo della debolezza della domanda, soprattutto di quella legata agli investimenti. Dopo il forte irrigidimento nell’autunno del 2011, le condizioni di accesso al credito sono rimaste tese, ma le banche hanno mantenuto atteggiamenti differenziati verso imprese caratterizzate da diversi profili di rischiosità. Anche per effetto della debole domanda di abitazioni le erogazioni di nuovi mutui si sono più che dimezzate.
Durante la crisi la quota di famiglie indebitate per un mutuo o per credito al consumo è cresciuta in Puglia più rapidamente che nelle altre aree del paese, quelle che hanno fatto ricorso a entrambi i tipi di debito sono quasi raddoppiate. I tassi d’interesse dopo essere aumentati fino al primo trimestre sono diminuiti nei mesi successivi riportandosi su livelli poco superiori a quelli della fine del 2011. La recessione ha provocato un deterioramento della qualità del credito specie nel settore manifatturiero e delle costruzioni, con un aumento dei prestiti in sofferenza e di quelli incagliati. In corso d’anno si sono allentate le tensioni sulla raccolta delle banche: è proseguita con vigore la crescita dei depositi bancari, si è invece attenuata, pur rimanendo positiva, quella delle obbligazioni.
Il bilancio della sanità è tornato sostanzialmente in equilibrio, con un livello della spesa inferiore alla media nazionale. Gli obiettivi economici fissati dal piano di rientro dai disavanzi sanitari sono stati in buona misura conseguiti. I tavoli di monitoraggio in sede ministeriale segnalano però il permanere di gravi criticità nell’erogazione dei servizi. Nel 2012 è ulteriormente cresciuta la spesa finanziata dai fondi strutturali europei, che ha superato i target minimi previsti in sede di programmazione mantenendosi su un livello superiore a quello delle altre regioni meridionali.

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