Legge stabilità: l’ennesimo regalo alle banche

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Secondo quanto riportato dalla Reuters, sembrerebbe che il Governo abbia presentato un emendamento alla Legge di Stabilità che consentirebbe alle banche di rafforzare il patrimonio di vigilanza emettendo obbligazioni ibride, senza con ciò patirne le conseguenze fiscali derivanti dalle sopravvenienze attive che ne deriverebbero in caso di conversione del bond in in equity.

In buona sostanza le obbligazioni ibride sono una serie di strumenti finanziari innovativi connotati a metà strada tra strumenti di debito (obbligazioni) e strumenti di capitale di rischio (azioni).

Le obbligazioni ibride, avendo una seniority superiore agli strumenti dell’equity (azioni), ma subordinata rispetto a tutte le emissioni obbligazionarie, in caso di bancarotta dell’ente emittente, vengono rimborsate prima delle azioni, ma solo se sono state rimborsate tutte le altre obbligazioni.

In genere queste particolari obbligazioni vengono emesse dalla banche proprio per i grandi vantaggi che derivano da questo strumento, rispetto sia alle azioni che alle obbligazioni.

I vantaggi per gli emittenti sono molteplici e rappresentano una modalità di raccolta di fondi molto interessante in confronto all’emissione di azioni o di debito senior.

Se le aziende reperissero capitali con debito senior peggiorerebbero il proprio merito di credito: più debito significa più rischio di insolvenza per i creditori. Gli ibridi, in quanto emissioni con seniority inferiore, hanno un rischio e quindi un rating differente che non peggiora quello dei titoli senior. La tranche ibrida, infatti, potrebbe non essere rimborsata od andare in default senza che gli interessi dei bondholder senior siano intaccati. Tale caratteristica è molto utile soprattutto per ottenere le risorse finanziarie necessarie in caso di acquisizioni importanti.

Oppure, come nel caso attuale, proprio per rafforzare la qualità del patrimonio delle banche, intaccato dalle sofferenze che emergono per effetto del protrarsi della crisi. Senza con ciò diluire le quote di proprietà degli azionisti in caso di aumenti di capitali; si evita così che i soci di maggioranza o i consorzi debbano acquistare nuove azioni per mantenere il controllo. Gli azionisti, inoltre, non subiscono riduzioni del profitto che, con più titoli in circolazione, verrebbe divisi tra più soci.

E’ chiaro che in un momento di estrema difficoltà per il sistema bancario -alle prese con sofferenze colossali che erodono il patrimonio- l’utilizzo di questo strumento finanziario consente di rafforzare il patrimonio di migliore qualità, il Common equity tier 1 (Cet1).

Infatti, in caso di conversione dei bond ibridi, in seno ai bilanci bancari emergono delle sopravvenienze che compensano la conseguente diminuzione del debito. Tali sopravvenienze, essendo dei proventi di carattere straordinario, concorrono alla formazione del reddito e quindi sono soggette a tassazione sia ai fini Ires che ai fini Irap. Quindi le banche, in un certo qual modo, patiscono un onere fiscale che è di ostacolo alla conversione dei bond ibridi.

Nell’emendamento proposto dal Governo si legge che:
“I maggiori o minori valori che derivano dalla attuazione di specifiche previsioni contrattuali degli strumenti finanziari [in materia di adeguatezza patrimoniale] non concorrono alla formazione del reddito imponibile degli emittenti ai fini Ires e Irap“.

In pratica, il testo, garantendo neutralità fiscale a tali tipi di operazione, rimuove tutti gli ostacoli di natura fiscale che fino ad oggi disincentivavano le banche a rafforzare il patrimonio di vigilanza attraverso l’utilizzo di tali strumenti e quindi attraverso la conversione dei bond in equity.

E’ altrettanto chiaro che questo provvedimento, essendo l’ennesimo intervento a favore del sistema bancario, ci rappresenta anche la preoccupazione che serpeggia negli ambienti governativi e finanziari per le fragili condizioni in cui versa buona parte del sistema bancario.

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