L’Ente indaga sul passato

Ancora nessun commento

Quello che di fatto è l’unico asset in portafoglio (se si eccettua lo 0,6% nella Cdp) costa un profondo rosso alla Fondazione Carige: il 2013 si è chiuso con una perdita di 926 milioni.

L’impairment test sulla partecipazione ancora in portafoglio (29%), con l’adeguamento del valore di carico ai prezzi di mercato, ha provocato una svalutazione di 930 milioni (i titoli finora valorizzati 1,35 euro sono stati portati a 0,43 euro). Una scelta dovuta che ha portato a un automatico depauperamento del patrimonio netto, ora di soli 90 milioni: «Molto poco per l’ente», ha commentato al termine del cda di ieri il presidente Paolo Momigliano. Figura di garanzia dell’ente ligure che «in pieno rispetto dell’attività di vigilanza del ministero delle Finanze» ha deciso e autorizzato di concerto con gli organi interni l’avvio di una due diligence sulle gestioni passate. Verrà creato un pool di consulenti che con ogni probabilità concentrerà la propria attenzione sul breve regno di Flavio Repetto, l’industriale dolciario (Elah Dufour) divenuto presidente nel febbraio 2007 e decaduto lo scorso ottobre, sfiduciato dalla gran parte del consiglio d’indirizzo a tre anni dalla scadenza naturale del mandato, il 2016.

È stato il Mef a chiedere lumi su quegli anni e in particolare sulle relazioni con lo Ior legate al prestito emesso nel 2010 dalla Fondazione e sottoscritto dalla banca vaticana. Istituto quest’ultimo che poi nell’arco di un paio d’anni lo rigirò all’ente: un deal costato oltre 100 milioni. Oltre a questi aspetti, si farà un’attesa valutazione alla situazione giudiziaria. Dal punto di vista operativo, invece, la priorità è quella di «mettere in sicurezza la Fondazione», ha ribadito Momigliano che deve tagliare di netto il debito di 200 milioni e trovare anche le risorse per garantire le erogazioni al territori: ora servono subito 20 milioni per fare fronte a quelle già maturate e garantite alla regione. «Dobbiamo completare la vendita del pacchetto azionariato e scendere al 19% come ci ha autorizzato il ministero», continua Momigliano. «Lo faremo fuori dal mercato regolamentato». Comprerà il finanziere Andrea Bonomi? «Non abbiamo ricevuto la sua offerta, ma l’advisor (Banca Imi) sta facendo il suo lavoro e di interesse ne è stato riscontrato sul mercato». Una volta scesa al 19%, «è possibile che la Fondazione stringa un patto di sindacato con altri azionisti». Ma poi, Momigliano dovrà avviare la fase 2 del suo mandato: la diversificazione degli investimenti e il ridimensionamento dell’ente, sia in termini di organi societari sia in fatto di costi.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI