Luci e ombre del QE
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Con l’uscita dei dettagli del piano di quantitative easing della Bce, prosegue il dibattito sugli effetti che questo programma potrà avere. A mio giudizio la strategia presenta dei punti deboli e altrettanti possibili vantaggi.
A seguito dell’annuncio, la buona notizia per gli investitori europei è che, a prescindere da questo importante evento macroeconomico, i corsi azionari nella regione sono trainati in primo luogo da fattori aziendali specifici piuttosto che da variazioni delle condizioni di mercato o top-down. Proprio per questo motivo è opportuno riepilogare in che modo l’ultima mossa della Bce potrebbe influenzare nel lungo termine la crescita della regione.
In primo luogo, ritengo che un piano d’azione così ampiamente discusso non coglierà di sorpresa i mercati o l’economia reale e vale la pena domandarsi se l’annuncio della volontà della Bce di aumentare il proprio bilancio per stimolare la crescita non sia più efficace dell’intervento stesso. Tale posizione da sola è infatti bastata a soffocare i timori sull’affidabilità dei titoli sovrani più deboli, offrendo al settore finanziario il tempo per ricostituire il capitale, ridurre il rischio dei modelli di business e allentare i vincoli del sistema.
In secondo luogo, le correzioni avvenute all’interno della regione dopo la repentina espansione e la dolorosa contrazione dello scorso decennio erano chiaramente destinate a esercitare importanti pressioni deflazionistiche. La storia ci ha però insegnato che le aziende europee sono uscite da ogni recessione sostanzialmente rafforzate, con una maggiore attenzione alla creazione di valore a lungo termine per gli azionisti e una capacità superiore di trainare la crescita economica. Questo è ciò che più di ogni altro fattore distingue il quadro europeo attuale dalla situazione storica del Giappone.

La pressione sulle riforme

In terzo luogo, uno dei punti più discussi è la misura in cui la costante presenza della Bce in veste di acquirente di debito pubblico allenti la pressione su economie a cui servirebbero fortemente riforme strutturali. Vi sono infatti in Europa economie che hanno infatti bisogno di adottare misure rigorose per sbloccare il potenziale a lungo termine dei rispettivi mercati del lavoro qualificato e per promuovere la competitività, ma in questo senso il quantitative easing di per sé offre un aiuto complessivamente limitato.

Da ultimo, è in atto un dibattito per stabilire se la struttura del pacchetto della Bce promuova oppure ostacoli l’integrazione europea. Nonostante i principali media non manchino di sottolineare la divisione economica e politica dell’Europa, uno sguardo più obiettivo permette di affermare che recentemente i legami della regione sono stati silenziosamente ricostruiti. La priorità data dalla Germania alle riforme rispetto all’austerità, una supervisione sincronizzata delle principali banche regionali, la ripresa dell’attività d’impresa transfrontaliera e soprattutto la presa d’atto dell’ascesa delle politiche populistiche come fenomeno diffuso e non localizzato hanno portato a una maggiore collaborazione tra i principali governi della regione.
Ciò a cui abbiamo assistito è stata una forma di pragmatismo, caratterizzata dallo spirito di collaborazione. Tuttavia l’attuale programma, molto incentrato sugli obblighi giuridici nei vari contesti negativi, potrebbe ostacolare anziché supportare un opportuno spirito di collaborazione fra i governi europei.

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