Mediazione creditizia: il modello operativo del franchising è incompatibile con il D.Lgs. 141/2010

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Con ordinanza del 17 aprile 2013, emessa nell’ambito di un giudizio cautelare, il Tribunale di Milano ha fornito alcuni importati criteri interpretativi relativi alla nuova disciplina dei mediatori creditizi di cui al D.Lgs. 141/2010, come da ultimo modificato dal D.Lgs. 169/2012.

Come ricorda il Tribunale, a fronte del nuovo regime normativo la mediazione creditizia costituisce attività: riservata ai soggetti iscritti in un apposito elenco tenuto dall’organismo previsto dall’art. 128 undecies del D.Lgs. 385/1993; esclusiva, in quanto il mediatore creditizio può svolgere solo l’attività di messa in relazione, nonché attività connesse o strumentali (art. 128 sexies n. 3); svolta esclusivamente sotto forma societaria, e non più individuale.

Per quanto riguarda i soggetti di cui possono valersi come collaboratori le società di mediazione creditizia, la disciplina di cui al D.Lgs. 169/2012 ha chiarito che detti collaboratori possano essere solo persone fisiche e non anche società.

L’art 17 comma 4 del D.Lgs. 241/2010 ha inoltre previsto che i collaboratori possono operare sulla base di un incarico conferito ex art. 1742 c.c..

Ne consegue che, allo stato attuale, il mediatore creditizio può avvalersi esclusivamente di collaboratori e dipendenti, da intendersi come persone fisiche legate al mediatore da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto di agenzia ex art. 1742 c.c..

Sulla base di tali principi il Tribunale ha qualificato come atto dovuto la cessazione dei contratti di franchising che regolavano il rapporto di collaborazione tra la società reclamante e la società resistente, posto che, in ragione del nuovo quadro normativo, non poteva più ritenersi lecita la prosecuzione della collaborazione con il modello del franchising, dovendosi il mediatore creditizio conformare all’unico modello normativo consentito, e cioè al rapporto agenziale ex art. 1742 c.c..

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