Di fronte all’onda crescente delle inchieste giudiziarie contro la sua famiglia, il patron Salvatore Ligresti ha emesso un ruggito: «La vera storia di Fonsai non è ancora stata scritta». Probabilmente è vero ma il problema è chi si incaricherà di scriverla. Sul tema sta lavorando assiduamente il procuratore Luigi Orsi, con l’intento di capire chi veramente tirava le fila nel rapporto non sempre lineare tra la famiglia Ligresti, le banche e Mediobanca. Sicuramente la famiglia siciliana ha gestito la compagnia con criteri poco trasparenti e non di mercato, badando all’interesse unico del socio di maggioranza relativa. Ma è anche vero che l’ha fatto perché sentiva che il sistema in cui era inserita le permetteva di farlo. Se i finanziamenti a lungo termine arrivavano copiosi e Ligresti in cambio comprava i 5% di Mediobanca, Pirelli, Rcs, Gemina, Generali, oppure con Fonsai acquisiva le società decotte che gli consigliavano le banche del sistema, chi è più colpevole? Se la Bipop, poi Banca di Roma, poi Unicredit finanziavano le attività dei Ligresti nell’immobiliare prendendo in pegno le illiquide azioni Premafin e senza accorgersi dell’intreccio incestuoso con la Fonsai e che il titolo della holding veniva tenuto artificialmente a galla attraverso acquisti esterovestiti, di chi è la colpa? Solo di Ligresti dice la propaganda del sistema attraverso i suoi giornali. Ma non è la verità, o la storia vera. Questa, in effetti, deve ancora essere scritta.
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