La riunione della Federal Reserve non solo sta dividendo i mercati per le possibili decisioni che arriveranno se arriveranno, ma a sua volta, sta dividendo la Fed stessa visto che i membri non hanno la minima idea di come comportarsi. O per meglio dire di quale strada scegliere. Sì, perché presi singolarmente i membri del Fomc hanno le idee chiare, purtroppo queste idee sono contrastanti tra loro e con quella che, si presume, possa essere la direzione di fondo che Janet Yellen, potrebbe avere sul da farsi. Una diffidenza che, da tempo, i mercati hanno avvertito e che per questo motivo ha avuto il risultato di far chiudere l’ultima seduta di Wall Street poco sotto la parità.

Sul fronte europeo, invece, si guarda al settore dei bancari che devono registrare il crollo del gigante tedesco Deutsche Bank dopo la maxi multa da 14 miliardi inferta dalle autorità statunitensi per la vendita dei mutui subprime di cui l’istituto teutonico, tra il 2005 e il 2007, fu protagonista insieme ad altri colossi del settore, anch’essi coinvolti ma che, alla fine sono riusciti a strappare condizioni di pagamento più ragionevoli. La stessa cosa mira a fare Deutsche i cui vertici hanno già fatto sapere di non voler accettare il verdetto e di aver avviato colloqui per riuscire a ridurre la cifra. Ma questo non è bastato a calmare gli animi e tantomeno il fronte degli scettici, fronte già ampiamente provato dalla bufera che si è scatenata poco dopo l’inizio dell’anno sul settore e che ha sottolineato la consapevolezza da parte degli investitori, di tutte le difficoltà in cui versano le banche europee strette non solo dai margini ridotti di una serie di normative imposte dalla Bce per la messa in sicurezza dei capitali ma anche dai limitati (o negativi) introiti derivati dalla crescita globale sempre più lenta e dal peso sempre più forte dei crediti deteriorati. Ma i margini di guadagno non si sono assottigliati solo per le banche, il problema del rendimento a zero praticamente ovunque ha colto di sorpresa anche i piccoli investitori che sempre più spesso hanno abbracciato quella filosofia di vita (e di investimento) che è nlto più popolare negli States che non da noi, quella del dividendo. E spesso con ottimi risultati.

 

Infatti, guardando oltre oceano, l’S&P500 Dividends Aristocrats, cioè l’indice di riferimento dei titoli che offrono cedole, ha registrato da gennaio un total return pari al 10,5% contro il 6,7% dell’indice di riferimento. I cosiddetti Aristocratici del dividendo esistono anche a Piazza Affari e vedono, proprio come la definizione impone, un aumento continuato della cedola per 20 anni consecutivi. E a quanto pare quella dei dividendi è una buona strategia anche in Italia visto che, secondo la statistica elaborata da Cellino&Associati Sim, la totalità dei titoli con un dividendo hanno permesso di strappare un risultato positivo dell’1,3% proprio mentre il listino milanese perdeva quasi il 6% (5,9) ovvero nell’ultimo semestre tra la fine di marzo e la metà di settembre. Ecco allora che, numeri alla mano, si notano nella lista nomi come quello di Vittoria assicurazioni che supera i 20 anni di incremento con un total return, nei sei mesi citati, di 11,8%. Stesso discorso si può fare anche per Recordati la quale, oltre al ventennio di aumenti consecutivi può vantare, sempre nello stesso periodo, un total return che supera il 28%.

Nella fascia intermedia (10-20 anni) merita una citazione Campari con la sua performance totale di 10,3%.

Tra i meno assidui negli aumenti dei premi agli investitori ci sono soggetti come Exoer che rientrano nella fascia degli aumenti tra i 5-10 anni e che raggiungono un risultato tra performance e cedola, che arriva al 18,2%. Meglio, su questo lasso temporale, hanno fatto Diasorin (Total return a 22,8%), Amplifon (21,1%), ma soprattutto Save (31,8%).