MPS: Bnl non ne vuole sapere di integrarsi

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MPS non rientra nei piani di Bnl e Bnp Paribas. Il secco no della banca del gruppo Bnp Paribas riecheggia la decisione della controllante di non partecipare al piano di rilancio del travagliato istituto senese.

“Noi abbiamo una strategia stand alone e non abbiamo nessuna attenzione, in questo momento, a forme di investimento in termini di integrazione con altri”.

Con tali parole, il presidente Luigi Abete fa capire che MPS non interessa al management né di Bnl, né di Bnp Paribas, smentendo ancora una volta le indiscrezioni avanzate dagli organi di stampa.

“Siamo in un grande gruppo – ha aggiunto -, noi ci rivolgiamo a un segmento importante delle imprese italiane, che sono le imprese internazionalizzate e che hanno interesse a utilizzare i servizi di Bnp Paribas e di Bnl”.

“Il nostro target – ha concluso a margine di un convegno a Firenze – e’ del tutto diverso da quello presente in altre strutture, pur importanti, presenti in Italia”.

Dopo la bocciatura agli ultimi stress test, Profumo e Viola non hanno molto tempo per trovare un cavaliere bianco.

Il presidente, ex amministratore delegato di Unicredit, e l’AD dal 2012 sono solo all’inizio di un processo di ristrutturazione della banca più vecchia del mondo che prevede il progressivo ‘allontanamento’ della Fondazione, la cui influenza sulla governance può essere ritenuto uno degli elementi che ha danneggiato l’istituto prima dello scoppio dello scandalo del derivato e prima del flop clamoroso dell’operazione Antonveneta.

Dopo due aumenti di capitale consistenti, la quota di azioni posseduta dalla Fondazione Monte dei Paschi è stata diluita in maniera considerevole negli ultimi due anni. La fondazione possiede ora il 2,5% del capitale azionario.

MPS ha nove mesi di tempo per trovare i 2,1 miliardi di euro mancanti nel bilancio e necessari a superare indenni eventuali nuove crisi nel peggiore degli scenari previsti dagli stress test della Bce.

La fase 2 del piano di Profumo e Viola prevede che il ripagamento anticipato dei Monti Bond – mancano da restituire 500 miliardi del prestito di circa quattro miliardi accordato dallo Stato con un interesse al 9% – e le cessioni di asset si apra la strada a un nuovo socio “salvatore”.

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