Mps, da dove vengono gli 1,8 miliardi sequestrati

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Come è arrivata la Guardia di Finanza a calcolare gli 1,8 miliardi sequestrati a questa mattina a Nomura? Per rispondere a questa domanda bisogna ripercorrere la storia complessa del derivato Alexandria e della sua successiva rinegoziazione con la banca giapponese.

Alexandria Capital era inizialmente un cdo (ovvero debiti garantiti da mutui) confezionato dalla banca londinese Dresdner e acquistato nel 2005 da Mps. Per l’operazione la banca senese mise sul piatto 400 milioni in due tranche, il 20% del totale del portafoglio titoli autonomamente gestito dall’area finanza. Dal 2008 il mercato dei cdo iniziò a crollare per la crisi dei mutui americani concessi a chiunque e, nel 2009, il valore di Alexandria si ridusse da 400 a 180 milioni, con una perdita di valore di 220 milioni.

L’area finanza di Mps, allora guidata da Gianluca Baldassarri (oggi in carcere con l’accusa di associazione a delinquere), corse subito ai ripari e, per evitare di contabilizzare la perdita, avviò una ristrutturazione con Nomura. Nel dettaglio, venne allestita un’operazione pronti contro termine a lunghissima scadenza, cioè un contratto con cui Mps (in cambio di liquidità per coprire le perdite) cedeva alla banca giapponese una montagna di Btp (per un corrispettivo di 3,05 miliardi) a 30 anni, impegnandosi poi a ricomprarli a un prezzo più elevato. In questo modo Mps riuscì a chiudere in utile il bilancio di quell’anno, così da poter pagare una cedola di un centesimo alle sole azioni di risparmio, necessaria però per poter onorare le cedole sulle obbligazioni Fresh.

Il contratto non fu mai smontato, anche se tecnicamente i nuovi vertici di Mps potrebbero chiederne l’annullamento per ipotetica illeicità, e dunque oggi in pancia a Nomura ci sono ancora 1,7 miliardi di euro depositati da Mps. Proprio questa somma è stata oggetto di sequestro, insieme a 88 milioni di commissioni occulte percepite dalla banca giapponese. Peraltro ristrutturazione e la relativa lettera di mandato vennero tenute nascoste sia ai revisori dei conti di Kpmg che alla Banca d’Italia.

Secondo la relazione di vigilanza inviata dal governatore Ignazio Visco al ministro del Tesoro Vittorio Grilli, il contratto con Nomura venne nascosto per ben due volte agli ispettori della Vigilanza. In particolare Via Nazionale denunciava rischi “non adeguatamente controllati e valutati dalla struttura Mps né compiutamente riferiti all’organo amministrativo”, ammettendo il significativo impatto sulla liquidità e mostrando forti perplessità sull’iscrizione in bilancio dell’operazione.

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