Nem ha perso oltre il 15% del suo valore
Sono esenti Iva le operazioni di cambio tra Bitcoin e altre valute

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A distanza di quattro anni dall’ultima frode cibernetica un’altra piattaforma giapponese di criptovalute si proclama vittima di un hackeraggio, capace di spazzare via, nel corso di poche ore, 58 miliardi di yen, l’equivalente di 430 milioni di euro. Un trasferimento illecito di fondi avvenuto nelle prime ore di venerdì notte, ma scoperto solo nel pomeriggio da Coincheck, che ha deciso quindi di sospendere tutte le contrattazioni sulle criptovalute, tranne i Bitcoin. Già disponibile sulle piattaforme di scambio dal marzo 2015, a seguito della notifica la Nem ha perso oltre il 15% del suo valore. Al termine di una conferenza stampa che si è protratta fino all’una di notte di venerdì, il presidente della società fondata nel 2012, Koichiro Wada, si è scusato col più riposto degli inchini, ammettendo che la moneta virtuale cancellata dai registri informatici potrebbe essersi volatilizzata definitivamente. Una premonizione confermata a distanza di poche ore da un funzionario, che ha confessato che con ogni probabilità la società non sarà in grado di risarcire i clienti.

Wada ha spiegato che a differenza dei Bitcoin – che sono immagazzinate in formulari offline quando non ci sono transazioni in corso, per le oltre 5 milioni di monete Nem andate perdute non era prevista la stessa copertura. La compagnia non aveva potuto completare lo sviluppo della tecnologia necessaria alla gestione del sistema di scambio offline a causa della carenza di personale specializzato. Allo stadio attuale, ha aggiunto un altro dirigente di Coincheck, rimane in sospeso anche la riapertura della contrattazioni.Il vice presidente della Fondazione Nem, Jeff McDonald, con sede a Singapore – e tra i responsabili della creazione della piattaforma, ha detto su un video YouTube che l’ente sta lavorando con Coincheck per scoprire le cause della frode, sebbene si sia mantenuto vago sulla possibilità di un rimborso per gli investitori.
Un’altra falla del sistema riguarda la necessaria registrazione all’Agenzia nazionale dei servizi finanziari (Fsa), come previsto dalla legge nipponica per tutte le piattaforme online. La Coincheck aveva richiesto l’autorizzazione per operare ma il permesso era ancora al vaglio della Fsa. Memori dell’ultimo raggiro del 2014, che ha riguardato sempre a Tokyo la Mt Fox, con un valore di 48 miliardi di yen in bitcoin volatilizzati, un gruppo di investitori si è radunato fuori la sede della società, nel quartiere centrale di Shibuya della capitale, sfidando il gelo e in cerca di chiarezza. Interrogativi a cui il governo di Tokyo, con una delle legislazioni più accomodanti al commercio online di criptovalute, dovrà presto trovare una soluzione.

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