La nuora e i soldi di Berneschi: «Agivo con il cervello chiuso»

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Un’ora e mezza d’interrogatorio e tanti «non ricordo…», «non ero presente…», «non so niente di…», «non conosco…», «non ho memoria di…». A rispondere alle domande del giudice delle indagini preliminari Adriana Petri è Francesca Amisano, classe 1966, nuora dell’ex presidente di Banca Carige Giovanni Berneschi e, come lui, in carcere per riciclaggio e associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Tanto sembrava sicura di quel che diceva del suocero a suo marito Alberto durante un colloquio in carcere («è un disastro, è una testa di c… allucinante, è un pazzo totale»), tanto sembra invece smarrita davanti alle domande che dovrebbero servire a chiarire la sua posizione e ottenere quantomeno gli arresti domiciliari.
Laureata in economia ma di fatto casalinga, come si definisce lei stessa, per i magistrati Silvio Franz e Nicola Piacente, Francesca Amisano avrebbe avuto un ruolo di «direttore amministrativo» dell’associazione a delinquere. Una sorta di passaggio obbligato per movimentare grosse somme di denaro o mettere a punto operazioni di compravendita che secondo l’inchiesta sarebbero alla base della truffa ai danni della Carige.
Una di quelle operazioni riguarda l’acquisto delle quote di una società che controlla l’hotel Holiday Inn di Lugano, acquisto reso possibile, secondo l’accusa, grazie ai soldi ottenuti da investimenti-truffa pagati dalla banca genovese. L’ordinanza con la quale sono stati arrestati Berneschi, sua nuora e altri cinque indagati, dice che dal 2006 al 2009 le «complesse operazioni commerciali e finanziarie» con le quali si raggirava la banca genovese, hanno consentito agli inquisiti di accumulare in Svizzera 22 milioni di euro, parte dei quali finita in investimenti immobiliari.
Ora la procura è convinta che Francesca Amisano fosse una pedina importante di quella scacchiera. Ma lei minimizza il suo ruolo per ognuno degli episodi che le contestano. Le chiedono se sapesse, e che cosa, dell’operazione con la quale suo suocero ha fatto rientrare in Italia quasi 13 milioni di euro utilizzando lo scudo fiscale, nel 2012. Come le è sembrato possibile che il padre di suo marito avesse accumulato così tanti soldi e li avesse portati in Svizzera? «La mia percezione è stata sempre quella che lui mi ha ribadito più volte: diceva “ho accumulato i miei soldini nel tempo e questo è il risultato”». Come giustifica che Berneschi avesse intestato a lei metà del suo patrimonio? «Secondo lui era denaro di famiglia e c’era un problema nel caso che fosse mancato. Qualcuno di noi avrebbe potuto accedere al suo conto». L’albergo? «Mi era stato detto che erano suoi soldi personali investiti in quella struttura (…). Siamo andati a Lugano a vederlo (…). Non so come spiegare, mio suocero era ed è un fiume di parole, quindi io ci sono andata perché ho dovuto andarci, non mi sono sentita di dire di no perché non è facilissimo dire di no a mio suocero, sia per la mia funzione di nuora sia in generale».
In un passaggio successivo, sempre parlando dell’Holiday Inn di Lugano, Francesca Amisano dice «non ho memoria di aver firmato qualcosa che riguardasse l’albergo. Potrei averlo fatto senza previa spiegazione. Voglio fare capire che io quando facevo queste cose mi si chiudeva il cervello… ».. Memoria chiusa anche quando racconta: «Non so niente del fatto che ho movimentato 500 mila euro sul banco di Lugano, non posso però escludere che mi sia stato messo davanti un foglio e che io abbia firmato».
Quando parla del patrimonio di famiglia e delle carte che firmava senza sapere bene cosa fossero, la nuora dell’ex presidente Carige dice di suo suocero: «Io allora mi fidavo, certo lo vedevo in tutt’altra luce. Vedevo una persona che sapeva quello che faceva, che aveva conoscenze e che aveva l’autorità, insomma…». Un’immagine lontana anni luce da quella che ha in mente adesso, in carcere. Dove Francesca piange spesso e spera nella prossima tappa: oggi il Tribunale del riesame discute la sua posizione e decide se tenerla o meno in carcere.

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