“Prelievo forzoso sui più ricchi per risolvere crisi Italia”

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Le dichiarazioni fanno accapponare la pelle a chi, dopo il caso Cipro, teme di veder divorati i propri risparmi dal prelievo forzoso. D’altronde, motivi per temere per i propri conti non sono mancati, con il rapporto dell’Fmi che ha apero alla possibilità che le autorità europee impongano un prelievo forzoso del 10% sui conti correnti di 15 paesi dell’area euro. Questo, al fine di riportare il debito sovrano del blocco ai livelli pre crisi.

L’idea viene rilanciata oggi nella newsletter di Nomisma – società di consulenza fondata nel 1981 a Bologna da un gruppo di economisti, tra cui Romano Prodi, con il sostegno di alcune banche – scritta dal presidente Pietro Modiano e dal capo economista Sergio De Nardis e questa volta riguarda direttamente le famiglie italiane.

La proposta è quella di applicare un prelievo straordinario del 10% sulle ricchezze del 10% delle famiglie italiane più ricche.

“Si stima che la ricchezza liquida delle famiglie italiane, al netto di attività reali, titoli di stato e partecipazioni in società di persone, sia pari a circa 2.400 miliardi. Si può, inoltre, stimare che il 47,5% di questo ammontare, ovvero 1.130 miliardi, sia posseduto dal 10% più ricco delle famiglie italiane. Un prelievo una tantum del 10% su questa fascia darebbe luogo a un gettito di entrate per lo stato di 113 miliardi di euro, 7 punti percentuali di PIL, da distribuire a favore delle famiglie più povere e delle imprese. Se questa tassa sul patrimonio venisse pagata in quattro rate annuali di 28 miliardi, il bilancio pubblico potrebbe fornire uno stimolo equivalente nell’arco di un quadriennio all’economia, modificandone il sentiero di crescita”, scrivono Modiano e De Nardis.

Continuando: “una manovra di prelievo straordinario sulla ricchezza e redistribuzione alle famiglie disagiate e alle imprese della dimensione ipotizzata, che si avviasse nel 2014 e si ripetesse nel successivo triennio (fino al 2017) porterebbe fra cinque anni, nel 2018, a un PIL più elevato di circa il 4,5% rispetto al livello di uno scenario di base. Il tasso di crescita dell’economia nel quinquennio 2013-2018 aumenterebbe di quasi un punto all’anno passando dall’1,2% dell’andamento tendenziale al 2,1% nell’ipotesi con manovra. La più forte crescita dell’economia si tradurrebbe in un rapporto debito/PIL nel 2018 più basso di circa cinque punti percentuali”, spiegano i due economisti.

Non solo un prelievo one-off, ma per Nomisma occore anche continuare a portare avanti le riforme in direzione della razionalizzazione della spesa pubblica, della lotta all’evasione, della semplificazione della burocrazia e della politica; solo così, a suo avviso, si riuscirà a dare seguito nel lungo periodo allo sviluppo dell’economia italiana una volta che gli effetti della manovra saranno venuti meno.

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