Il soffitto di cristallo che impedisce una totale parità di diritti fra uomini e donne sul lavoro purtroppo esiste ancora, anche se si è assottigliato negli ultimi anni almeno nei Paesi più sviluppati. E ciò grazie al lavoro meticoloso, continuo e appassionato di economiste come Claudia Goldin, che per questo è stata insignita del Premio Nobel 2023 per l’economia. «Per aver migliorato la nostra comprensione dei risultati del mercato del lavoro femminile», si legge nella motivazione del premio, assegnato direttamente dall’Accademia delle Scienze di Stoccolma, come tutti gli altri Nobel, e non più dalla banca centrale Sveriges Riksbank. «La sua ricerca storica che abbraccia un periodo di duecento anni fino ai giorni nostri – aggiunge l’Accademia – analizza sia il cambiamento sia i motivi che sono alla base del persistente gender gap». Comprendere il ruolo delle donne nel mondo del lavoro è importante per la società, conclude il comitato per il Nobel: «Grazie alla ricerca innovativa di Claudia Goldin ora sappiamo molto di più sui fattori sottostanti e su quali ostacoli potrebbe essere necessario affrontare e superare ancora in futuro».
Prima donna docente di economia ad Harvard
Nata a New York nel 1946 da una famiglia ebrea, PhD all’università di Chicago con relatore Gary Becker (a sua volta Nobel nel 1992), attualmente docente ad Harvard dopo esserlo stata in diverse università del Paese (nel 1989 è stata la prima donna nominata professore a pieno titolo ad Harvard), Goldin ha dedicato tutta la sua vita alla questione del lavoro femminile, una delle più tenaci cause di diseguaglianze nelle nostre società, e ai tentativi per risolverla. Ha analizzato capitolo per capitolo le voci delle retribuzione delle donne negli ultimi due secoli negli Stati Uniti, denunciando le discrepanze e smontandone le motivazioni, e ha sintetizzato i suoi studi in molti saggi. I principali sono “Understanding the Gender Gap: An Economic History of American Women” del 1990, e “Career and Family: Women’s Century-Long Journey toward Equity”, pubblicato nel 2021. Nel suo continuo e ostinato andare a cercare i motivi profondi – culturali, economici, sociali – del perdurare, pur in misura minore, di questa discriminazione soprattutto retributiva, Goldin ha analizzato ogni minimo aspetto della storia delle donne sul lavoro, nessuno escluso: dall’influenza sulle scelte di carriera della pillola anticoncezionale alla questione (molto dibattuta in America) dell’utilizzo o meno del cognome del marito per «ragioni di status sociale», come scrive lei stessa. Le sue conclusioni naturalmente non riguardano solo l’America ma l’intero occidente industrializzato (nell’area Ocse il divario retributivo si è ridotto al 12,5% dal 19,5 del 1995, e in Italia è arrivato al 5,7% ma bisogna considerare la molto minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro).
Terza donna a vincere il Nobel
Goldin, che è anche condirettore del Gender in the Economy Study Group del National Bureau of Economic Research americano, è la terza donna a vincere il Nobel dell’economia dopo Elinor Ostrom nel 2009 ed Esther Duflo nel 2019. Non è la prima volta che il premio viene assegnato per motivazioni inerenti il drammatico e articolato tema delle diseguaglianze: la stessa Duflo lo vinse per i suoi studi sulla diffusione della povertà nel mondo,Angus Deaton l’ha vinto nel 2015 per la ricerca sul welfare e le sue discrepanze, e l’anno prima uno dei pochissimi non-americani ad aggiudicarsi l’onorificenza, il francese Jean Tirole (partner di Thomas Piketty in tanti studi su questo problema) l’aveva vinto per i suoi studi sul potere del mercato e le ingiustizie che esso arreca.