Prove di alleanza tra Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza
Veneto Banca ridisegna la rete

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Dopo l’apertura di Gianni Zonin, presidente della Banca Popolare di Vicenza («Lo scenario per una possibile integrazione è più favorevole rispetto al passato»), arriva la replica di Francesco Favotto, presidente di Veneto Banca: «Ci sono le condizioni per un dialogo frequente, tra di noi tante analogie».

Se Vicenza apre, Montebelluna non chiude. «Ci sono le condizioni per un dialogo frequente sul piano tecnico e delle valutazioni di fondo», dice Francesco Favotto, presidente di Veneto Banca, in risposta a quanto dichiarato dal “collega” della Banca Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, quarantotto ore prima. Morale: entrambi i presidenti concordano sul fatto che sia giunta l’ora di confrontarsi, seriamente, sulla possibilità di un’integrazione tra le due banche.
«Lo scenario è più favorevole rispetto al passato», aveva detto Zonin sabato mattina riferendosi a una possibile aggregazione con Montebelluna. Un ragionamento di carattere meramente fattuale, il suo, su cui ora sembra convergere anche Favotto: «In questa fase di grande trasformazione del credito, per qualsiasi banca sarebbe sbagliato chiudersi in se stessa. E tra le nostre due, in particolare, ci sono molte occasioni di confronto reciproco». Basta guardare a quanto accaduto negli ultimi 12 mesi: il Comprehensive assessment della Bce, da cui sono uscite entrambe ammaccate, vista la mole di rettifiche sui crediti che sono spuntate nei bilanci 2014 approvati pochi giorni fa. Poi la Vigilanza unica europea, in carica da inizio novembre, che oltre a premere per un salto di qualità a livello di governance, efficienza, modelli di business ha imposto una stretta sull’utilizzo del fondo di acquisto azioni proprie, allungando la fila dei soci in attesa di vendere le proprie quote. Infine, la riforma del Governo che, a meno di colpi di scena imporrà la trasformazione delle grandi popolari in società per azioni.
Buona parte delle certezze che avevano segnato fino a ieri la storia delle grandi due popolari del Veneto sta cadendo. Ora, con essa, potrebbe crollare anche il tabù della fusione tra i due istituti? «Con Vicenza condividiamo alcuni aspetti di carattere tecnico – dice Favotto – nonchè alcune sfide: siamo simili per assetto, entrambe stiamo ragionando su un nuovo piano industriale, abbiamo sistemi di governance affini e dobbiamo gestire il problema della compravendita delle azioni proprie, cui vogliamo trovare presto una soluzione». Gli elementi di contatto, riconosce il presidente di Veneto Banca, sono insomma «molti». Del resto, «oggi fare banca sul territorio è più difficile del passato». Favotto però ribadisce ora lo stesso concetto che aveva illustrato meno di un anno fa in assemblea, davanti ai soci: «L’eventualità della fusione comunque andrà valutata solo nel caso in cui possa creare valore per i soci, i dipendenti, il territorio». Già, il territorio: se si materializzerà il risiko tra le popolari, il Veneto rischierebbe di perdere il controllo degli ultimi istituti con sede in regione, offrendo una preziosa sponda politica alle nozze tra Vicenza e Montebelluna.
Si vedrà nelle prossime settimane. Perché se è vero che per ora le due banche hanno scelto la data soltanto delle assemblee – a Vicenza l’11 aprile, a Montebelluna una settimana dopo – per l’approvazione dei bilanci 2014, entrambe non nascondono l’ambizione di riconvocare nuovamente i soci entro la fine di giugno per sottoporre loro il progetto di trasformazione in Società per azioni. «L’auspicio è passare alla forma di Spa entro l’estate», precisa Favotto. «Abbiamo attivato un gruppo di lavoro, seguito da un coordinatore interno al Cda, che sta elaborando il percorso di trasformazione in Spa – dice il presidente -. L’obiettivo è portare la riforma in comitato strategico così da essere pronti al passaggio quando arriveranno i regolamenti di Banca d’Italia», spiega Favotto. Un modo per anticipare anche i tempi del decreto oggi in discussione («la proposta del 5% al tetto di voto è segno di responsabilità del governo»), che prevede la trasformazione in Spa nel giro di 18 mesi.Ma il cambio di denominazione giuridica permetterebbe anche di “congelare” il valore delle azioni, evitando così di toccare un tasto dolentissimo: oggi un’azione di Pop. Vicenza vale 62,5 euro, oltre 20 euro in più di quella di Veneto Banca (39,5 euro), ma entrambe prevedono multipli superiori alla media di mercato: una trasformazione in Spa potrebbe avere effetti benefici ed evitare le maxi-svalutazioni che si imporrebbero in caso di integrazione con una banca quotata.
Intanto, le due banche si muovono sulla strada del nuovo piano industriale, al centro dei colloqui avuti in Bce proprio in questi giorni. Lunedì scorso è toccato a Veneto Banca, che oggi riunisce il board proprio per esaminare il nuovo piano industriale; ieri alla Popolare di Vicenza, dove il vertice – con il presidente Gianni Zonin affiancato da Samuele Sorato recentemente promosso da dg ad amministratore delegato – ha preannunciato che svelerà entro le prossime due settimane il nuovo documento strategico. Due piani paralleli, in cui – non è escluso – potrebbero intravvedersi i primi spazi d’integrazione tra i due istituti; che, tuttavia, richiederanno sacrifici non indifferenti, viste le ampie sovrapposizioni in termini di filiali ed esposizioni creditizie.

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