E’ la conseguenza della decisione della direzione di Bekaert Group di chiudere, entro 75 giorni, il sito italiano, dedicato alla produzione di rinforzi in acciaio per pneumatici (steel cord), e di cessare le attività nella fabbrica, acquistata nel 2014 da Pirelli. Per tutta risposta i lavoratori hanno occupato la fabbrica.
L’azienda: «Il sito non è stato in grado di generare performance sostenibili dal punto di vista finanziario» Il gruppo belga, in una nota, spiega di «aver informato la Rsu, i sindacati e le autorità competenti» e esprime l’intenzione di «avviare un dialogo teso ad attenuare l’impatto sociale per i 318 dipendenti interessati». Negli ultimi anni, spiega l’azienda, «la posizione del sito di Figline nel mercato di riferimento ha subito notevoli pressioni. A causa dei suoi costi strutturali notevolmente superiori rispetto a quelli degli altri stabilimenti di rinforzi in acciaio per pneumatici di Bekaert nella regione Emea, il sito non è stato in grado di generare performance sostenibili dal punto di vista finanziario. Consapevole della gravità di tale misura, la direzione non vede alternative per salvaguardare e rafforzare la propria posizione nei mercati europei della produzione dei rinforzi in acciaio per pneumatici».
Fiom Cgil: «Subito il ritiro della procedura» «Sapevamo dei problemi finanziari e di mercato – dice Yuri Campofiloni della Fiom Cgil Firenze in una nota -, ma non che si potesse chiudere lo stabilimento da un giorno a un altro. Chiediamo subito il ritiro della procedura». La Fiom spiega che «i lavoratori sono arrabbiati, la loro età media è sui 50 anni, troppo giovani per andare in pensione e troppo anziani per trovare nuove occupazioni. Per il territorio si rischia un impatto devastante, con l’indotto sono più di 400 le persone coinvolte».
Cisl: «Decisione ingiusta» La decisione di chiudere lo stabilimento e licenziare i 318 lavoratori è «ingiusta e inaccettabile, nel merito e nel metodo, un vero attentato al lavoro». A dirlo il segretario generale della Cisl Toscana, Riccardo Cerza. «Chiudere uno stabilimento produttivo è sempre ingiusto, ma in questo modo è ancora più grave – sottolinea Cerza in una nota -. Quello di Figline è un sito produttivo importantissimo; quando c’è stata la cessione da parte di Pirelli ci erano state date delle garanzie e oggi ci troviamo davanti a questa decisione secca e annunciata come irrevocabile. Non è così che si può trattare il lavoro in Italia».