Se l’apporto non incrementa il capitale è superflua la relazione giurata di stima
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Sfugge alle regole di formazione del capitale il conferimento in natura che confluisce nel patrimonio netto ma la responsabilità grava sugli amministratori, dovendosi intendere la perizia di stima come un succedaneo dell’approvazione del bilancio che recepisce i valori dell’apporto. È quanto emerge dallo studio n. 276/2015 del Notariato nazionale, pubblicato il 24/2/2016 rubricato: «Apporti in natura nelle società di capitali e relazione giurata di stima».

Gli apporti alternativi. Statisticamente si rivelano sempre più frequenti le operazioni di patrimonializzazione delle società che sfuggono alla rigida disciplina del capitale, né soggiacciono a quella dei prestiti soci. Ciò in quanto il contesto italiano di tendenziale sottocapitalizzazione delle società, nel deteriorato quadro economico degli ultimi anni ed in presenza del conseguente credit crunch, ha visto una vasta diffusione di canali di finanziamento dell’impresa alternativi ai conferimenti ed ai finanziamenti in senso proprio, attuati mediante la disponibilità dei soci a dotare l’ente di beni o crediti.

L’esonero dalla relazione di stima. L’analisi condotta dal Notariato evidenzia la preoccupazione insita in un’interpretazione liberale delle norme laddove sembrino facilmente configurabili comportamenti abusivi che possano aggirare le regole sulla corretta formazione del capitale. Difatti, osserva lo studio, sarebbe sufficiente un apporto in natura sprovvisto di relazione giurata di stima, che sia iscritto in bilancio con conseguente riserva, per incrementare il patrimonio netto e, successivamente, deliberare un aumento gratuito del capitale (ex artt. 2442 o 2481-ter c.c.) per realizzare un’operazione di fatto assimilabile a un conferimento in natura ma privo della perizia secondo le regole degli artt. 2343 e 2465 c.c. A riguardo si puntualizza, tuttavia, che i precetti in tema di aumento gratuito richiedono che le riserve siano disponibili e risultino da un bilancio approvato pur senza fare un discrimine in funzione delle loro modalità di formazione. Da ciò discende che l’affidamento per i terzi è garantito dalla funzione di filtro svolta dagli amministratori «che si sostanzia nelle regole di formazione del bilancio, nella scelta dei criteri di valutazione e di appostazione dei beni e nella loro conseguente responsabilità civile e penale». In altri termini, sostiene il notariato, il sistema pare strutturato sui seguenti passaggi fondamentali: molte operazioni «straordinarie» poggiano sulle risultanze di un bilancio che le supporta; la riclassificazione delle poste del netto e la formazione del bilancio, che deve poi essere approvato dai soci, è rimessa alla diligenza degli amministratori; gli amministratori hanno specifiche responsabilità civili e penali in materia; l’apporto in natura che entra a far parte stabilmente del patrimonio sociale, viene «recepito» definitivamente nella sua dimensione quantitativa in sede di approvazione del primo bilancio successivo alla sua effettuazione; una volta approvato il bilancio dai soci, quel valore è «definito» e «definitivo» e diviene utilizzabile, come tutte le altre poste del netto, per qualsiasi operazione straordinaria, ivi compreso un aumento di capitale gratuito. In conclusione, la chiave di lettura prevede che la valutazione del valore di iscrizione dell’apporto in natura nel bilancio, sia rimessa agli amministratori e la cristallizzazione della posta nella sua entità derivi dall’approvazione del primo bilancio successivo alla rivalutazione. Ciò a condizione, però, che non si riscontri una espressa «specifica destinazione» dei beni in natura ad incremento del capitale, laddove emergerebbe, invece, l’obbligo della perizia di stima. Perizia questa, non richiesta in caso di «attribuzione» successiva di risorse ad uno scopo senza che ve ne fosse un vincolo iniziale. Resta, in ogni caso, compito del giudice stabilire se le parti abbiano inteso realizzare un procedimento in frode alla disciplina dei conferimenti.

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