Segni di luce dal buio del credito

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Il clima continua a migliorare nel sistema bancario europeo e anche se è presto per dire che i problemi sono risolti definitivamente, l’Italia sembra in vantaggio nel duro processo di risanamento imposto dalla crisi. È questo il messaggio di fondo dell’ultimo numero della Financial Stability Review diffuso ieri dalla Bce. Se guardiamo al periodo più acuto della crisi, quello culminato nel luglio 2012 con il famoso annuncio di Mario Draghi che la Bce era pronta a fare «tutto il necessario per salvare l’euro», non possiamo che rallegrarci del pericolo scampato.

I dati di oggi indicano un allentamento delle tensioni che non a caso si accompagna a una decisa azione di risanamento dei bilanci delle banche, spinta sia dai regolatori nazionali (compresi quelli che solo tardivamente hanno seguito la politica severa imposta dalla Banca d’Italia a suon di ispezioni) sia dalla valutazione della qualità degli attivi che sta compiendo la Bce e che preluderà agli stress test che la stessa autorità condurrà insieme all’Eba.

L’effetto, considerando i risultati già acquisiti alla fine del 2013, è impressionante: le grandi banche europee si sono sottoposte a una drastica cura dimagrante, che ha comportato la riduzione degli attivi complessivi (cresciuti eccessivamente prima della crisi) di 4.300 miliardi di euro, di cui 800 miliardi solo nel dicembre 2013. Se si considera poi che sono stati realizzati massicci aumenti di capitale (45 miliardi per l’aggregato dei grandi gruppi, che in realtà comprende anche istituti di medie dimensioni), si capisce il grande sforzo di rafforzamento patrimoniale che è stato compiuto. Ed è ancora più importante sottolineare che nella graduatoria per Paesi, l’Italia guida la classifica del rafforzamento patrimoniale, con uno sforzo totale di oltre 25 miliardi di euro.

L’Italia supera Spagna, Germania e Francia rispettivamente di 5, 10 e 13 miliardi circa. E come è noto le banche di questi due ultimi Paesi sono entrate nella crisi con problemi non certo minori dei nostri. In questo quadro confortante, mancano i segni di allentamento della stretta sui prestiti all’economia: non ci sono ulteriori peggioramenti e l’indagine trimestrale sul credito indica una stabilizzazione della situazione (anzi qualche miglioramento nel credito alle imprese), ma anche pesanti differenze fra i Paesi del centro Europa e quelli della periferia, Italia compresa.

Ci sono però almeno tre elementi che indicano che la situazione può cambiare a breve termine. Il primo si collega al fatto che, contrariamente a quanto sostenuto da molti, il rafforzamento patrimoniale delle banche non è alternativo all’aumento dell’offerta di credito, ma è condizione necessaria, soprattutto in una situazione di crisi. Dunque, l’azione che si sta compiendo è la prima fondamentale tappa per riportare il sistema bancario al suo ruolo fondamentale di sostegno dell’attività produttiva.

In secondo luogo, si stanno per diradare molti degli elementi di incertezza che ancora gravano sulle banche europee. L’asset quality review che la Bce sta compiendo si tradurrà in un accertamento minuzioso e finalmente uguale per tutti della qualità dell’attivo di ciascuna delle 130 banche esaminate. E quello che più conta, sarà accompagnato dalla diffusione di dati omogenei e analitici sulle principali voci di bilancio, compreso il portafoglio titoli e le posizioni in derivati delle grandi banche di investimento francesi e tedesche, che costituiscono oggi un punto interrogativo non meno importante dei crediti dubbi delle banche dei Paesi periferici dell’euro.

Infine la Bce sta preparando una svolta importante nella sua azione di politica monetaria per fare in modo che il sostegno eccezionale alle banche si trasformi in credito alle imprese. Al di là delle decisioni che verranno prese giovedì prossimo, a Francoforte si stanno studiando da tempo misure che hanno portato, fra l’altro, alla pubblicazione di un documento congiunto con la Bank of England in cui si sottolinea la necessità di realizzare forme trasparenti ed efficienti di securitisation. L’obiettivo non è solo di avviare canali di finanziamento alternativi a quello bancario, ma soprattutto di arrivare all’emissione di titoli che possano essere acquistati dalla banca centrale. Dati i precedenti delle cartolarizzazioni del passato, che avevano portato alla produzione di titoli che come la rosa del poeta sono sfioriti nell’espace d’un matin, passando dall’empireo della tripla A all’inferno dei toxic asset, bisogna procedere con i piedi di piombo. Ma il documento congiunto è il segno che il progetto è in procinto di produrre a breve risultati concreti.
Non è un caso che al centro di tutti questi elementi di ottimismo ci sia sempre la Bce, che ha ampliato le sue funzioni e colmato i vuoti lasciati da un’Europa che ha reagito all’aggravarsi della crisi con misure parziali o troppo timide. Non a caso, l’unica decisione risolutiva (ma tardiva) è stato l’affidamento sempre alla Bce dei compiti di supervisione. Il voto di domenica è il segnale più chiaro che occorre un cambiamento profondo a Bruxelles. Questa è la vera incognita non solo dei sistemi finanziari, ma della stessa economia europea.

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