Il giornalista Stéphane Allix sostiene che quando si muore non si smette di vivere, si cambia mondo.
Inoltre ha raccontato anche di aver visto suo “fratello un paio di anni dopo la sua morte”.
Stéphane Allix: la teoria sulla coscienza che sopravvive alla morte
Allix rigetta il termine credenza in merito alle sue teorie, in quanto sottolinea che è arrivato a convincersi che la morte non esiste “dopo anni di indagine, tra ricerche scientifiche ed esperienze personali”. In particolare sostiene che la coscienza non scompare nel momento del decesso.
“Esiste – aggiunge – un aspetto più profondo e misterioso della coscienza, e sembra che continui a esistere quando il cervello non funziona più. Questa non è un’idea, né qualcosa che vada contro l’osservazione scientifica; è un’esperienza che possiamo fare in molti ambiti legati alla coscienza”, come i “vissuti soggettivi di contatto con un defunto”
Allix ha sondato profondamente le neuroscienze e i cosiddetti “near death experiences” (Nde), ossia le esperienze di pre-morte vissute. Nella sua indagine ha ascoltato vittime di incidenti che, durante la lotta tra la vita e la morte, hanno spiegato di aver osservato la scena esternamente, come se fossero uscite dal proprio corpo e avessero avuto la possibilità di scorgere il loro decesso, prima di essere salvate.
Secondo quanto appreso, il giornalista assicura che “è possibile essere coscienti anche quando tutte le funzioni cerebrali sono cessate”. Allix afferma che le Nde non sono un qualcosa di residuale dell’attività cerebrale conclusa. Quindi? Cosa sono? A suo dire una coscienza più profonda:
“Abbiamo oggi molti studi accurati su persone che hanno subito un arresto cardiaco: sappiamo con sicurezza dalle cartelle cliniche che il loro cervello aveva smesso totalmente di funzionare, oppure funzionava solo al 20/30%, e nonostante ciò hanno mantenuto uno stato di coscienza molto vivido, tant’è che dopo erano in grado di ricordarsene. Credo di aver ottenuto evidenze consistenti che rendono molto solida l’ipotesi della vita dopo la morte, che cioè la coscienza possa continuare a esistere dopo che il cervello si ferma”.
La spiegazione della “coscienza fondamentale non locale”
Allix, nel suo libro, parla di “coscienza fondamentale non locale”, riferendosi a ciò che comunemente viene definito anima o coscienza. “La ‘coscienza fondamentale non locale’ per me descrive lo stato che la coscienza può raggiungere quando moriamo, quando è liberata dall’attività cerebrale e riconquista tutte le sue capacità”, spiega lo studioso.
Nel corso dei suoi studi Allix ha voluto in prima persona avvicinarsi il più possibile ad esperienze insolite. Così si è immerso in una serie di percorsi spirituali alternativi, come lo sciamanesimo e l’uso di sostanze psichedeliche come l‘ayahuasca e la psilocibina.
Allix e l’incontro con il fratello defunto
Si arriva al racconto sul fratello, deceduto in un incidente in Afghanistan, nel 2001.Allix allora aveva 32 anni ed ha iniziato domandarsi dove potesse essere finito Thomas. Ha cominciato a cercarlo: ha fatto quattro viaggi in Amazzonia dove per giorni e notti intere è stato in una grotta in stato di trance, sotto il monitoraggio di uno sciamano, che gli ha dato da bere ‘ayahuasca’, una pozione con effetti ‘psicoattivi’. Questo il resoconto di Allix:
“Ho visto per la prima volta mio fratello un paio di anni dopo la sua morte. In quel momento non ero sicuro di queste esperienze. Quindi quando mi è apparso accovacciato al mio fianco non ci ho creduto. Il fatto sconcertante è avvenuto la mattina dopo: una persona che era stata con me durante la cerimonia nella giungla (Natacha, la compagna, ndr) mi ha rivelato di averlo veduto anche lei nello stesso momento e nello stesso luogo, e l’ha descritto esattamente come l’avevo visto io. Quell’evento mi ha aiutato a capire che era possibile vedere persone morte, anche da anni”.
Ha conversato con Thomas? “Non c’è stata una conversazione, ma un senso di presenza, di legame tra me e lui. È molto difficile da descrivere, e mi ci è voluto molto tempo per raccontarlo nel libro, perché volevo spiegare al lettore come sia sicuro che non era un’allucinazione, ma un’esperienza reale”.