Stiamo attraversando una transizione energetica che insieme alla volatilità dei prezzi del petrolio sta colpendo profondamente tutto il settore

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petrolioNon esiste una sola ricetta e il futuro sarà nel mix tra rinnovabili e gas naturale. Così si espresso l’amministratore delegato di Saipem Stefano Cao che è intervenuto al III Dialogo economico di alto livello Italia-Asean, annunciando lo sviluppo di un progetto nel Sud Est Asiatico. «Nel sud-est asiatico Saipem è presente sin dal 1995. La nostra presenza in Vietnam  risale a più di 20 anni fa. Ci siamo dedicati a pipeline e alla tecnologia urea. Nel gennaio 2019, abbiamo ricevuto il contratto per la progettazione dell’ingegneria di base per lo sviluppo del giacimento di gas naturale e condensato Ca Voi Xanh, al largo delle coste del Vietnam, il più grande del paese. Tale progetto contribuirà allo sviluppo socio-economico del paese, alimentando l’industria locale e consolidando ulteriormente la nostra presenza nell’area del sud-est asiatico: negli ultimi cinque anni i nostri ricavi nella regione sono stati di circa due miliardi di euro», ha detto Cao.

La questione è controversa perché se da un lato è vero che non tutti gli utilizzi possono essere convertiti già oggi all’elettrico, si pensi al trasporto aereo, navale e su strada pesante, è anche vero che il gas naturale ha diversi problemi.

«Stiamo attraversando una transizione energetica che, insieme alla volatilità dei prezzi del petrolio, sta colpendo profondamente tutto il settore, lungo l’intera catena del valore, dalle compagnie petrolifere ai fornitori. Questo ha portato tutte le società del settore ad avviare un profondo processo di riflessione, per identificare la forma migliore per continuare a stare nel mercato. Questa transizione ci guiderà attraverso un nuovo mix energetico, con più energie rinnovabili e gas naturale che svolgono un ruolo importante nel prossimo futuro supportato dai miglioramenti tecnologici», questa la conclusione dell’AD di Snam che però è incompleta. La prima questione è quella legata alle emissioni complessive della filiera del metano che sono elevate quando si mettono in conto le perdite nel processo, anche perché il metano ha un potenziale di riscaldamento globale superiore di venti volte quello della CO2. La seconda invece è l’adattamento delle strutture odierne e future alla filiera del biometano e dell’idro/bio/metano che sono il futuro della coesistenza tra gas ed elettricità, con tutti gli intrecci del caso. Si tratta, infatti, di questioni da porre sul tappeto anche per arrivare pronti alla transizione energetica che dovrà avere ritmi accelerati come impone la crisi climatica.

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