Una stretta sul furto di identità

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Arriva la banca dati del ministero dell’economia contro il furto di identità. Entro la fine dell’anno gli intermediari finanziari potranno, prima di concedere un finanziamento per il credito al consumo o aprire un conto corrente, interrogare il cervellone elettronico del Mef per sapere se chi sta chiedendo il finanziamento non abbia taroccato i dati e sia chi dice di essere.

L’iscrizione è obbligatoria per gli intermediari finanziari, e al momento l’accesso è aperto anche alle società di telefonia in prospettiva di allargare ad altri utenti la facoltà di interrogazione. Il finanziamento della piattaforma, che sarà gestita da Consap, è garantito dagli accessi. Per ogni interrogazione infatti l’intermediario pagherà per l’informazione ricevuta. Informazione che arriverà in tempi rapidi e avrà la caratteristica del semaforo: rossa se è stato trovato un problema, verde se il documento fornito è in regola. La verifica sarà fatta su passaporti, carte di identità e carte di credito. A prevedere la creazione della banca dati sul furto di identità è una norma del 2011 (decreto legislativo 11 aprile 2011, n. 64). Ora, secondo quanto ItaliaOggi è in grado di anticipare, si è arrivati alle ultime battute del progetto con la firma, da parte dei soggetti coinvolti, delle convenzioni per l’accesso alle informazioni.

La piattaforma messa in piedi dalla quinta direzione del ministero dell’economia non è una nuova banca dati, ma funziona come una sorta di imbuto: la richiesta viene inviata e smistata ad altre sei banche dati (tra le altre agenzia delle Entrate e Inps) che possono fare una verifica quasi in tempo reale sulla veridicità del dato inserito. Per furto di identità la direzione del Tesoro intende l’impersonificazione totale e cioè occultamento totale della propria identità mediante l’utilizzo indebito di dati relativi all’identità e al reddito di un altro soggetto; e l’impersonificazione parziale: occultamento parziale della propria identità mediante l’impiego, in forma combinata, di dati relativi alla propria persona e l’utilizzo indebito di dati relativi a un altro soggetto, nell’ambito di quelli di cui al punto precedente. L’archivio centrale, infine, potrà essere consultato dalle forze di polizia per gli aspetti connessi all’analisi dei fenomeni criminali e di prevenzione dei reati finanziari. Secondo gli ultimi dati disponibili di Crif (società specializzata nello sviluppo e nella gestione di sistemi di informazioni creditizie) che monitora il fenomeno, nel 2013 sono state rilevate più di 26 mila frodi creditizie, per perdite economiche stimate complessivamente in 162 milioni di euro. Con un +8,3% rispetto all’anno precedente. E proprio con il perdurare della crisi si è assistito, nel settore del credito al consumo, all’utilizzo illecito dei dati personali e finanziari altrui per ottenere credito o acquisire beni con l’intenzione premeditata di non rimborsare il finanziamento e non pagare il bene. Per quanto riguarda le tipologie di finanziamento oggetto di frode, dall’Osservatorio di Crif emerge che i prestiti finalizzati continuano ad assorbire la quota preponderante, con l’81,2% dei casi totali (+1,2% rispetto al 2012). Questo si spiega soprattutto con il fatto che la frode viene spesso portata a termine presso un punto vendita (per esempio, una concessionaria auto o moto) oppure una catena di distribuzione, che rispetto agli istituti di credito hanno l’esigenza di rispondere al cliente in tempi stringenti. Relativamente alla tipologia di frodi rilevate, il fenomeno del furto di identità riguarda sempre più spesso cambiali e assegni emessi a nome altrui, assumendo proporzioni assolutamente rilevanti per numero di casi e importi. Nello specifico, analizzando i dati sui protesti è emerso che nel corso del 2013 i titoli di credito protestati con firme falsificate a seguito di furto di identità sono stati 4.590, con un importo medio di circa 4.400 euro.

Analizzando l’entità dei crediti ottenuti fraudolentemente, emerge la predominanza dei piccoli importi (i cosiddetti small ticket): in linea con l’anno precedente, infatti, il 41,9% dei casi totali riguarda frodi di importo inferiore ai 1.500 euro.

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