I successi dell’ENI e l’offensiva di Erdogan
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Miete successi l’Eni che ha approvato i risultati dell’esercizio e del quarto trimestre 2017. Nel 2017 l’utile netto di competenza degli azionisti Eni è stato di €3.427 milioni, in netto miglioramento rispetto alla perdita di €1.464 milioni sostenuta nel 2016. Nel quarto trimestre 2017 l’utile operativo adjusted consolidato di €1,99 miliardi ha registrato un aumento del 55% rispetto al quarto trimestre 2016 (+€0,71 miliardi) grazie all’eccellente performance della E&P (+€0,46 miliardi) trainata dalla ripresa dello scenario petrolifero (+24% il prezzo di riferimento del Brent in dollari, +14% in euro) e dalla crescita produttiva.

Nell’anno tutti i business Eni hanno ottenuto performance in forte crescita rispetto al 2016 grazie agli effetti della strategia di riduzione del time-to-market delle riserve, efficienza nei costi, rinegoziazioni dei contratti gas e ottimizzazione impiantistica in R&M e Chimica che hanno consentito al Gruppo di catturare appieno il miglioramento dello scenario commodity. L’utile operativo adjusted consolidato di €5,79 miliardi è aumentato di €3,48 miliardi (+150%) per effetto dell’eccellente performance dell’upstream (+€2,68 miliardi), del ritorno alla redditività del business G&P, per la prima volta dopo sette anni (+€0,60 miliardi), e dei risultati record della R&M e Chimica che hanno conseguito complessivamente circa €1 miliardo di utile operativo (+€0,41 miliardi).

La produzione di idrocarburi del quarto trimestre 2017 è stata di 1,892 milioni di boe/giorno, il livello trimestrale più elevato degli ultimi sette anni, con una crescita dell’1,9% rispetto al quarto trimestre 2016. In media annua è stato conseguito il record di 1,816 milioni di boe/giorno, con una crescita del +3,2%. La performance riflette gli avvii di nuovi giacimenti e il ramp-up dei progetti del 2016 in particolare in Angola, Egitto, Ghana, Indonesia e Kazakhstan nonché il restart di alcuni campi in Libia grazie alle migliori condizioni di sicurezza.

L’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha commentato i risultati affermando che “Per il futuro le prospettive di crescita sono eccellenti in tutti i business e saranno perseguite con disciplina finanziaria e grande attenzione alla loro sostenibilità in presenza di scenari anche i più difficili. Il che vorrà dire che, se al contrario le condizioni di mercato fossero più favorevoli, saremo in condizione di generare un enorme extra‐valore per i nostri azionisti. Sulla base di questi risultati proporrò al Consiglio del 15 marzo il pagamento di €0,80 per azione quale dividendo sul risultato 2017.”

“Chiudiamo il 2017 con risultati eccellenti che dimostrano come il processo di profondo cambiamento avviato nel
2014 abbia trasformato Eni in una società capace di crescere e creare valore anche in condizioni di mercato molto
difficili. Nell’Upstream abbiamo raggiunto il massimo storico della nostra produzione pur riducendo del 40% gli
investimenti di sviluppo rispetto alla baseline 2014, continuato a registrare risultati esplorativi eccellenti e messo
in produzione in tempi record i nostri progetti più rilevanti, con la punta di diamante di Zohr.”

Già, Zohr. Il maxigiacimento situato di fronte alle coste egiziane scoperto poco più di due anni fa da Eni e messo in produzione in tempi record. Si tratta del più grande giacimento di gas del Mediterraneo, con un potenziale fino a 850 miliardi di metri cubi. La maxi scoperta di Eni rappresenta un importante fattore anche dal punto di vista geopolitico.

A proposito di geopolitica. L’Eni ha effettuato una scoperta di un giacimento di gas nel cosiddetto Blocco 6, al largo della costa di Cipro. È l’estensione della stessa area geologica che ha consentito di trovare il giacimento colossale Zohr. Ma la Turchia non ci sta. Secondo le politiche di Erdogan, qualsiasi nuovo giacimento scoperto nelle acque di Cipro andrebbe condiviso con il governo filo-turco. Dopo che la marina turca aveva nei giorni scorsi effettuato il blocco della nave perforatrice Saipem 12000, noleggiata dall’Eni per effettuare delle perforazioni all’interno del Blocco 3 della Zona Economica Esclusiva di Cipro, è arrivata la minaccia di Erdogan di usare le armi qualora la nave avesse proseguito la rotta verso il luogo in cui sarebbe dovuta avvenire la perforazione.

A questo la nave è stata costretta a virare e invertire la rotta, dirigendosi verso le coste del Marocco per occuparsi di alcune attività offshore. Si tratta di un fatto molto grave ma che ci ricorda quanto le questioni geopolitiche abbiano molto a che fare col petrolio e, di conseguenza, con l’Eni. Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha parlato di “violazioni illegali della Turchia nel Mediterraneo orientale” ribadendo “il diritto sovrano di Cipro di esplorare e di sfruttare le sue risorse naturali, in accordo con il diritto internazionale, inclusa la convenzione delle Nazioni Unite (Onu) sul diritto del mare”.

Come finirà è difficile dirlo. E’ arduo pensare che Erdogan possa fare la voce grossa con un Paese membro dell’UE, per di più in violazione di ogni accordo e regolamento giuridico. Tuttavia questa vicenda serve a far ricordare a tutti che con la Turchia di Erdogan c’è da fare i conti.

L’Eni dal canto suo si dichiara serena. Le sue attività vanno a gonfie vele. Le nuove scoperte si dimostrano importanti e il cane a sei zampe è così pronto ad assumere nuovamente un ruolo da attore primario nello scacchiere Mediterraneo. Ruolo che nel recente passato aveva in parte perso.

In tutto ciò non si può dimenticare che il principale di azionista di Eni è e resta a tutti gli effetti lo Stato italiano.

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