Svizzera: evasori si, ma non masochisti

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Tutto il mondo è paese. Hanno portato di nascosto soldi in Svizzera mica solo gli italiani. Ma anche tedeschi, francesi, inglesi, greci ecc. Né le uniche motivazioni sono state l’evasione fiscale o la loro provenienza illecita.

Soprattutto in passato hanno pesato timori vari: persecuzioni razziali, avvento del comunismo, crac finanziari o semplicemente il rischio di pignoramenti.

Diverse sono state le soluzioni adottate dai singoli stati per far rientrare i capitali. Gli accordi firmati nel 2012 fra Gran Bretagna, Austria e Confederazione Elvetica hanno permesso di tenerli tranquillamente in Svizzera, schermati al fisco del paese di provenienza (una pacchia!), a fronte di penali anche solo nell’ordine del 15%.

In Italia c’erano già stati alcuni scudi fiscali dal 2002 al 2009. Con essi i capitali sono potuti rientrare e finire in conti riservati, pagando dal 2,5% al 6% (un’altra pacchia), con l’abbuono di tutte le imposte evase e di quasi tutti i risvolti penali.

Per chi non vi aveva aderito, magari perché ha esportato i soldi in seguito, si sarebbe aperta una nuova possibilità col decreto-legge 4 del 28-1-2014. Essendo in Italia vietato l’uso dell’italiano, è generalmente nota come voluntary disclosure. Per parlare chiaro, si dovrebbe piuttosto chiamarla autodenuncia.

Se è innegabile l’eccessiva indulgenza degli scudi di tremontiana memoria, qui siamo all’estremo opposto. È infatti previsto l’obbligo di dichiararsi esplicitamente evasori di fronte al fisco, cosa già antipatica. Poi il saldo di tutte le imposte pregresse, solo con sanzioni ridotte. Per i soldi esportati negli ultimi anni, il conto può arrivare all’80-90% del patrimonio. Difficile che un evasore accetti di salvare solo il 10-20% del suo peculio.

Preferirà trasferirlo nei pochi residui paradisi fiscali, vista comunque l’intenzione della Svizzera di mettersi a posto per rientrare nella cosiddetta white list. E infatti alcuni intermediari stanno proponendo conti addirittura a Dubai (un bel coraggio!).

Oppure i capitali potrebbero rientrare sì in Italia, ma trasformati prima in contanti, lingotti d’oro od opere d’arte. Senza nessun vantaggio per l’Erario italiano.

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