Tutto il bello e il buono del vino Montepulciano d’Abruzzo

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vinoIn una orizzontale di sei espressioni più e meno storiche di MdA firmato Cascina del Colle, la Bio Agricola di Villamagna (Chieti) della famiglia di Nazario D’Onofrio. Che con moglie e figli ha voluto unirsi alla festa dei cinquant’anni della Doc con il natalizio sostegno in favore dell’Aism, l’associazione che da mezzo secolo lotta contro la sclerosi multipla.

L’incontro di domenica scorsa al Casolare di Miglianico (Chieti), “Quando il vino fa bene alla salute e al sociale”, ha richiamato ospiti di rango. Uomini e donne del vino d’Abruzzo attratti dal racconto del principe dei vini abruzzesi, affidato a Paolo Lauciani, sommelier di Bibenda e della rubrica Gusto del Tg5.

Alla fine di un intero anno dedicato alla celebrazione dei cinquant’anni della Doc, un ritorno mai abbastanza scontato sui mille pregi e virtù del vino abruzzese per eccellenza.

Davanti a sei calici dal contenuto viola impenetrabile si sono schierati il produttore, il sommelier, l’enologo, il consorzio di tutela, il medico nutrizionista, la giornalista estera, l’associazione impegnata ad aiutare i malati di sclerosi (a loro è destinata una parte del ricavato delle vendite di dicembre di due vini aziendali).

Dunque il racconto gusto-olfattivo di sei espressioni del vino simbolo d’Abruzzo. Sei anime, sei letture differenti. Ognuna con carattere e personalità propri, distinti.

Un vitigno democratico il MdA, identità schietta ma decisa, spiccata plasticità, si è ribadito. In grado di fronteggiare vendemmie climaticamente sempre più calde o comunque anomale e reggere in aromaticità, freschezza, potenza, equilibrio, eleganza.

“La grande versatilità e piacevolezza dell’uva Montepulciano ci è invidiata da molte regioni. Un grande prodotto che può rappresentare la principale risorsa per l’Abruzzo”, ha rimarcato l’enologo Vittorio Festa che ha selezionato le sei versioni aziendali lasciando volutamente fuori bollicine e vino passito da MdA.

“Il MdA non è affatto un vino rustico, piuttosto un vino rusticamente etichettato e (s)venduto. Abbattere questo genere di preconcetti è la sfida con cui misurarsi finalmente”, ha rilanciato Lauciani.

Lavoro fondamentalmente giocato su una comunicazione di valore – finora carente, si è stigmatizzato – ad opera di soggetti adeguatamente competenti e consapevoli. La cantina da sola non è sufficiente a questo compito, che resta basicamente culturale. La qualità del prodotto da sola non basta.

Occorre più formazione, comunicare nella lingua degli altri per recuperare il gap con Paesi più avanti nella promozione del proprio terroir e delle proprie bottiglie, a cui peraltro l’Abruzzo non ha nulla da invidiare.

“Basta con il MdA imbottigliato fuori dal territorio d’origine, sostegno nascosto, sangue oscuro di produzioni più nobili e blasonate. Finalmente il coraggio di mettere l’Abruzzo in etichetta, un orgoglio che finora è mancato”, ha considerato ancora Lauciani.

Orgoglio della propria storia e capacità di saperla raccontare, in buona sostanza. Ciò che più fa bere l’Abruzzo in Cina, Giappone, America o Nord Europa.

“Ciò che più seduce e conquista e che invece manca”, ha annotato Anna Ledebeva, giornalista di origini russo-irlandesi da qualche anno stanziata alle pendici della Maiella pescarese per scommettere sulle “forti potenzialità” dello scrigno Abruzzo organizzando esperienze di degustazione sul territorio rivolte a un pubblico estero.

“Il MdA è un vino che piace sempre di più ma in pochi conoscono i vini abruzzesi”, racconta Ledebeva. “A tutta prima confondono il Nobile di Montepulciano con il Montepulciano d’Abruzzo, ma dopo averlo messo a fuoco se ne innamorano perdutamente”.

“Vino e sapori possono fare dell’Abruzzo una delle destinazioni più amate nel mondo, rappresentano il futuro dell’economia locale” ha incalzato, “le richieste di vacanze enogastronomiche dall’estero aumenteranno se l’Abruzzo diventa più famoso sulla stampa internazionale, c’è moltissimo ancora da fare”.

Una sentita sollecitazione a far crescere la cultura dell’accoglienza, offrire più servizi, promuovere la formazione, riqualificare i piccoli territori di produzione.

Convinto che “la denominazione del Montepulciano può aiutare l’Abruzzo a riqualificarsi” si è detto il presidente del Consorzio tutela vini d’Abruzzo, Valentino Di Campli.

Senza dimenticare il benefico contributo che il vino, nelle giuste modalità, può apportare al benessere psicofisico come ricordato da Angelo Cichelli, ordinario di Scienze e tecnologie alimentari dell’Università D’Annunzio Chieti-Pescara e presidente del nuovo corso di laurea magistrale in scienze dell’alimentazione e salute.

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