Vendita Mediolanum Berlusconi vuole arrivare alla Consulta

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Si terrà mercoledì 11 febbraio davanti al Tar del Lazio l’udienza in camera di consiglio sulla sospensiva richiesta da Silvio Berlusconi contro il provvedimento della Banca d’Italia che gli ha imposto di vendere il 24% di Mediolanum, in seguito alla perdita dei requisiti di onorabilità per la condanna per frode fiscale.
Il 7 gennaio Berlusconi aveva presentato un ricorso straordinario al Capo dello Stato, poi approdato al Tar su richiesta di Bankitalia. Lo scorso ottobre l’authority guidata da Ignazio Visco aveva applicato a Mediolanum, considerata ora come gruppo bancario, il Testo unico bancario (tub) e per questo aveva ordinato a Fininvest, socia al 34% circa di Mediolanum, di vendere le quote oltre il 10%. Questo perché il suo principale azionista, Silvio Berlusconi, aveva perso l’onorabilità bancaria. A Fininvest è stato concesso comunque di girare a un trust indipendente le azioni, così da alienare in maniera ordinata entro 30 mesi un pacchetto che vale oltre 1 miliardo.
Ma Berlusconi si oppone alla vendita, sia perché la ritiene eccessiva, sia perché non dispera prima o poi di recuperare l’onorabilità perduta: questo potrebbe avvenire per esempio con l’eventuale riabilitazione dalla condanna, oppure con una nuova legge che non preveda più quel fatto come reato (e secondo alcune letture avrebbe potuto esserlo forse il codicillo sul «3%» del decreto fiscale), o per altri fatti. Proprio per questo il regolamento del trust prevede che, se venisse meno la causa che fa perdere a Berlusconi l’onorabilità, le azioni tornino a Fininvest.
Per l’immediato, il Cavaliere si gioca la carta del Tar, con varie argomentazioni individuate dagli avvocati Andrea Di Porto, Luigi Medugno e Andrea Saccucci. E la prima è che la norma del Tub è incostituzionale, perché sarebbe viziata da eccesso di delega e perché contrasterebbe con le norme del diritto comunitario che prevedono, per casi simili, solo il congelamento dei diritti di voto. Per questo motivo i legali chiederanno alla terza sezione del Tar presieduta da Francesco Corsaro di portare il caso alla Corte Costituzionale.
In secondo luogo, Bankitalia non avrebbe tenuto conto di un regolamento ministeriale che in via transitoria esclude l’applicabilità della norma a situazioni preesistenti.

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