Alla fine di settembre l’incidenza delle sofferenze sul complesso dei prestiti alla clientela aveva raggiunto il 10,6 per cento per i principali gruppi bancari; il 18,3 per cento per il totale delle partite deteriorate. Il peso ancora elevato di queste ultime è anche il riflesso della mancanza di un mercato secondario per tali attività, oltre che dei tempi lunghi delle procedure di recupero; transazioni sono state finora possibili in pochi casi e a prezzi molto bassi, che scontano non solo i normali costi di gestione e i rischi delle attività sottostanti, ma anche l’incertezza che ha caratterizzato le prospettive della nostra economia.
Lo smobilizzo dei crediti deteriorati è cruciale per consentire alle banche di reperire risorse da destinare al finanziamento dell’economia reale. Un intervento diretto dello Stato – nell’ambito di uno schema che, nel rispetto della disciplina europea sulla concorrenza, preveda il pieno coinvolgimento delle banche nei costi dell’operazione e un’adeguata remunerazione del sostegno pubblico – potrebbe avere luogo non per rimediare all’assunzione di rischi eccessivi da parte delle singole banche, ma per far fronte al deterioramento dei crediti indotto dalla gravità e dalla lunghezza della recessione, nonché all’esigenza di assicurare adeguati flussi di finanziamento all’economia. Opportune agevolazioni fiscali o la prestazione di garanzie pubbliche sulle attività derivanti dalla dismissione dei prestiti in sofferenza creerebbero condizioni più favorevoli allo sviluppo di un mercato privato delle partite deteriorate.