Carige, rispunta l’ipotesi di Bonomi come socio

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Più che un Cavaliere bianco (il Banco di Santander) a Genova la Carige potrebbe fare i conti con un Cavaliere stanco. Andrea Bonomi e la sua Investindustrial sembra infatti, a oggi, l’unica possibile concreta àncora di salvezza per il gruppo creditizio alle prese con un aumento di capitale che porterà a una ridefinizione del peso della Fondazione nel capitale della banca.

Ma in tempi di pesantissime crisi e di risvolti giudiziari che sembrano non avere termine, tutti procedono con i piedi di piombo, fin troppo. Ed è qui la stanchezza. Perché Bonomi poteva essere la soluzione già in occasione del primo aumento di capitale, quello da 800 milioni. Ma non si giunse ad alcun accordo. Ora, mentre taluni cercano di accreditare l’interesse degli spagnoli del Santander, che però non si sono ancora manifestati concretamente nei confronti della banca ligure, né di altre banche italiane, Bonomi potrebbe rientrare in gioco. Addirittura in due modi: da un lato acquistando sul mercato titoli Carige, dall’altro, ipotesi più friendly , giungendo ad un accordo con la Fondazione presieduta da Paolo Momigliano. La Fondazione, che ha Banca Imi come advisor , non ha attualmente le risorse per sottoscrivere per intero la propria quota di aumento di capitale (sarà tra 500 e 650 milioni di euro) ed è già stata autorizzata a scendere nel capitale della banca. Probabile, dunque, una cessione, alla quale Bonomi potrebbe essere interessato. Anche se al momento non sembrano esserci novità concrete. Di sicuro, i tempi sembrano andare per le lunghe.
A metà dicembre è attesa la risposta della Banca centrale europea alle osservazioni di Carige dopo la bocciatura in occasione degli stress test di ottobre. A quel punto, si potrà esattamente stimare la necessità di nuova finanza in capo alla banca e dare il via all’operazione di aumento di capitale.
Andrà convocata un’assemblea straordinaria, chiamata a deliberare sull’operazione e, con i 45 giorni necessari per validare l’adunata, si andrà probabilmente a febbraio. Con l’aumento che entrerà nel vivo, presumibilmente, a marzo. In questo arco di tempo, Bonomi e tutti coloro i quali si sentono interessati, muoveranno per raggiungere un accordo con la parte potenzialmente venditrice, ovvero la Fondazione. A che prezzo? Per quale quota? Tutto da vedere, ancora.
Di certo, sarà un inverno lungo per Carige e per tutto il territorio che si riconosce nell’istituto. Ma la via sembra tracciata.
Nei giorni scorsi il presidente dell’istituto di credito, Cesare Castelbarco Albani, ha scritto una lettera di 11 pagine al vertice della fondazione, con la quale la banca «confida di aver fornito in maniera esaustiva i chiarimenti e le informazioni richiesti» dalla stessa fondazione dopo i risultati del Comprehensive assessment della Banca centrale europea. Basterà una lettera, per quanto corposa, a riportare banca e fondazione nella medesima direzione? Lo si capirà nelle prossime settimane. Intanto, dopo la pesante perdita evidenziata nel bilancio dei primi nove mesi dell’anno, l’amministratore delegato del gruppo, Piero Luigi Montani, che con Bonomi lavorò a diretto contatto già ai tempi della Banca Popolare di Milano, sta cercando di chiudere l’esercizio nel miglior modo possibile. Impresa non semplice per una banca che insiste soprattutto su un territorio che, a fronte di una ricchezza accumulata nel tempo, sta ora perdendo appeal industriale e che risulta ripetutamente flagellato dagli eventi atmosferici. Piove sempre sul bagnato.

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