Di sentir parlare di carne coltivata non se ne può più
Il mantra della naturalità è il punto di forza dell’attuale governo, che punta a fare leva sulla presunta genuinità del cibo per conquistare la pancia degli italiani.
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Il mantra della naturalità è il punto di forza dell’attuale governo, che punta a fare leva sulla presunta genuinità del cibo per conquistare la pancia degli italiani. Missione: contrastare il fenomeno del meat sounding, ovvero vegetali dai nomi “fuorvianti”. Niente salsicce o cotolette plant-based. Primo firmatario della proposta di legge è il deputato della Lega e presidente della Commissione Agricoltura Mirco Carloni, che dice di battersi per la tutela del consumatore. Ma veramente i consumatori sono così ingenui? Di fronte alla scritta “100% vegetale” una persona non capisce che non si tratta di una salsiccia di maiale? Forse, dietro la lotta al meat sounding si nasconde la necessità di tenere alta la guerra ideologica contro quello che continua erroneamente a definire cibo “sintetico” (in realtà non è frutto di nessuna sintesi).

Nel mondo la ricerca avanza

Intanto, nel resto del mondo, la ricerca va avanti: a maggio in Israele è nato il primo latte coltivato, bevanda che riproduce le proteine del latte attraverso un processo di fermentazione a base di lievito (che il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti, ha definito cibo Frankenstein). Prima ancora, a febbraio, la Food and Drug Administration ha dato il via libera alle aziende per etichettare come “latte” le bevande vegetali in vendita negli Stati Uniti, spiegando che il nome non è tale da ingannare i consumatori. Del resto, per esempio, spesso il nome di un prodotto si riferisce alla preparazione e non all’ingrediente: la polpetta può essere di carne o di melanzane, e allora perché non di soia? E perché a fronte di etichette davvero incomprensibili e su cui raramente si assiste a battaglie politiche, sul fronte “carne” invece ci si preoccupa così tanto della ingenuità del consumatore ignaro di cosa mette nel carrello?

L’allevamento industriale è naturale?

Non sarà che per “naturale”, nella Fattoria Italia, si intende l’allevamento intensivo industriale che – secondo le ultime stime di Assocarni – per la filiera del bovino (che in Italia rappresenta più del 4.5% dell’agroalimentare) vale 9,3 miliardi di euro? Questo alla faccia della sostenibilità sia ambientale – con elevatissimi costi, consumi e inquinamento – che etica (negando ogni idea di tutela degli animali considerati solo beni economici e produttivi).

In Italia continua la crociata

Intanto, mentre in Italia si allunga la lista delle occasioni mancate sul fronte della ricerca e della innovazione (opportunità di rinnovamento anche per i nostri agricoltori), in Olanda si allunga invece la lista di attesa di chi vuole assaggiare nel piatto i risultati dei laboratori, e pure un bistrot virtuale dove provare l’esperienza di un ipotetico menu a base di carne coltivata; mentre la Cina sta lavorando per entrare da protagonista nel mercato globale della carne coltivata. E l’Italia? Beh… qui continua la crociata contro la bresaola vegana.

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