A causa dell’inflazione, gli italiani tornano a risparmiare
Gli italiani di fronte all’incertezza rispolverano le loro storiche abitudini e tornano a risparmiare o, almeno, a desiderare di risparmiare.
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Gli italiani di fronte all’incertezza rispolverano le loro storiche abitudini e tornano a risparmiare o, almeno, a desiderare di risparmiare. Ce lo racconta Valentina Quaglietti, senior project manager di Nomisma che nel suo intervento “Il paradigma dei nuovi modelli di consumo alimentari”, al convegno dedicato al mondo pane e pasticceria, organizzato da Puratos, in collaborazione con Mark Up, sottolinea come da un lato le possibilità di spesa siano già diminuite a causa dell’inflazione; e dall’altro che il 2023 per il 39% si annuncia più difficile e complicato del 2022, mentre per il 32% sarà più facile arrivare a fine mese rispetto all’anno precedente.

Nell’incertezza dunque si risparmia, un risparmio senza troppe rinunce per il 54%, che però focalizzandosi sul Sud Italia scende al 48%. I motivi? Per il 38% vale il “non si sa mai”, per il 23% gli imprevisti possono sempre accadere mentre specchio del nostro tempo è quell’11% che pensa alle spese familiari future come l’università per i figli o i badanti per i genitori, e il 7% per eventuali spese sanitarie future. Risparmiare però non è tranquillizzante, infatti, per un italiano su due è motivo di ansia e stress e per uno su quattro il timore è di non riuscire a mettere da parte nulla nell’anno in corso. 

Il problema è dove tagliare, il peso dell’energia si fa sentire e così, per il 54%, si punta a ridurre i consumi di gas e elettricità, ma anche al taglio del fuoricasa con il 52% che ridurrà i consumi in bar e ristoranti, il 48% dirà addio alla shopping therapy e comprerà meno abbigliamento e accessori, e il 41% taglierà su viaggi e vacanze. Andando a guardare il carrello della spesa, vediamo che la strategia di risparmio che va per la maggiore è quella antispreco, che vale per il 58% e per il 51%, invece, si fa la cernita di sconti e promozioni, si passa al 45% per trovare chi rinuncia a qualcosa e il 40%, rincara la dose, limitando allo stretto necessario i propri acquisti. Primi prezzi o comunque il prezzo più basso conquistano il 34%. 

Sul versante gdo, vediamo che l’inflazione si fa sentire per cui salgono i fatturati con un +6,6% ma scendono i volumi (-6%), l’Italia è seconda solo al Regno Unito che registra un -6,9% mentre il risultato migliore, seppure sempre con segno meno, lo ottiene la Francia con un -2,8%. 
La media del +6,6% italiana però ha al suo interno parecchie disparità, rimanendo sempre al paragone tra 2021 e 2022, vediamo che ad aumentare di più è stato il mondo del confezionato con un +7,6%, a seguire i freschi con un 6%. 

Cosa finisce nel carrello? Offerte e promozioni sono sicuramente uno stimolo importante per il 39%, molto meno i prodotti a basso costo o di primo prezzo che interessano solo il 16%; invece, l’origine italiana piace al 38% e il 19% guarda anche la tracciabilità della filiera, la sostenibilità è importante per il 33% e arriva al 35% per i clienti del Sud

Per quanto riguarda la scelta del negozio, se il 38% sceglie in base ad offerte e promozioni e sono quelli che si definiscono cherry pickers, più fedeli al volantino che all’insegna, un quasi analogo numero (37%) invece sceglie in base alla comodità. Interessante il 28%, che seleziona il negozio in base alla sua sostenibilità, un numero che sale al 34% per il Sud e le isole, anche il packaging (sostenibile) dei prodotti in vendita ha il suo fascino per il 25% e la sostenibilità tout court dell’insegna attira il 20% della popolazione del Sud che si riduce al 17% guardando al panorama italiano.

Dalla ricerca di Nomisma sembra che la via della sostenibilità sia un must per il consumatore, lo si evince sia dalla sua propensione al risparmio che passa soprattutto dalle strategie antispreco sia dall’attenzione che pone sia nella scelta del prodotto sia in quella dell’insegna, d’altra parte, l’attenzione al prezzo e alle offerte non sono affatto disdegnate, anzi. Alla gdo non resta che porre sempre più attenzione ai propri costi di gestione, tagliare le inefficienze e bilanciare l’offerta per renderla sostenibile sia in termini economici sia in quelli eco-ambientali.  

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