Aabar, il fondo sovrano di Abu Dhabi fa cassa con Unicredit

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Anche se non mette in discussione la permanenza nel capitale dell’istituto italiano. Lo fa con il varo di un bond fino a 2 miliardi di euro convertibile in azioni Unicredit pari al 3%: tecnicamente è un’ipoteca sullo scettro di primo azionista con il 5% del gruppo guidato da Federico Ghizzoni, anche se in serata con una nota Aabar ha precisato che resterà pienamente impegnato nel suo investimento a lungo termine.
L’indiscrezione sulla manovra di Abu Dhabi era arrivata ieri mattina dall’agenzia Bloomberg , poi la conferma del gruppo: Aabar lancerà un prestito obbligazionario attraverso le banche Deutsche Bank, Bnp Paribas, Société Générale e Bank of America, in due tranche da 750 milioni ciascuna, entrambe incrementabili di 250 milioni, con scadenza rispettivamente nel 2020 e nel 2022. Di fatto l’impegno è su oltre metà dell’intera partecipazione in Unicredit, che ad oggi vale 1,84 miliardi di euro.
La conversione in azioni non sarà obbligatoria e dunque la mossa si configura come un’operazione finanziaria per recuperare capitali, considerate le favorevoli condizioni di mercato. Già altre volte Aabar ha fatto ricorso a strumenti simili: nel maggio 2011 ha raccolto 1,25 miliardi di euro vendendo titoli trasformabili in azioni Daimler, titoli che proprio ieri sera il fondo emiratino ha annunciato di voler riacquistare.
La scommessa da complessivi 3,5 miliardi di dollari nella banca italiana non ha tuttavia finora portato vantaggi. Entrato in Unicredit tra il 2009 e il 2010, il fondo sovrano arabo ha registrato in oltre 5 anni una perdita di circa il 40%, anche se dal 2012 — dopo l’aumento di capitale da 7,5 miliardi — il titolo è raddoppiato di valore.
La mossa di Aabar aveva inizialmente destato sorpresa perché avviene a pochi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle liste per il rinnovo del consiglio di amministrazione. Come primo socio, nel 2012 Aabar aveva conquistato due posti nel board: il vicepresidente Luca Cordero di Montezemolo e Mohamed Ali al Fahim. I due manager saranno indicati ancora nella lista di 17 candidati per il rinnovo del consiglio con in testa il presidente Giuseppe Vita, che salvo improbabili colpi di scena verrà riconfermato. Vari sarebbero stati comunque i temi in discussione in questa tornata di nomine, dal peso dei soci privati — Leonardo Del Vecchio con il 3% dovrebbe avere un consigliere — al rapporto con Mediobanca, di cui Unicredit ha l’8,7%. Intanto la Fondazione Crt, che ha il 2,5% di Unicredit, ha chiuso il 2014 con 88 milioni di avanzo (dai 42 del 2013) e stima 53 milioni di erogazioni.
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