Agente in attività finanziaria abusivo condannato a 20 mesi
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Un anno e otto mesi di reclusione, a fronte dei quattro chiesti dalla Procura, e risarcimento di 1.600 euro di danni a ciascuna delle tre parti civili costituitesi nel procedimento. Si è chiuso così, con la condanna per i reati di esercizio abusivo della professione e di falso, e con l’assoluzione «perchè il fatto non sussiste» dall’accusa di truffa, il processo a carico di Andrea Sapienza, 32 anni, originario di Paternò (Catania) e residente a Udine, ribattezzato in città con il soprannome di “tamponatore seriale” e “finto broker”, dopo la misura degli arresti domiciliari che era stata disposta nei suoi confronti nel maggio del 2014.

La sentenza è stata pronunciata dal giudice monocratico Mauro Qualizza, dopo la discussione che il pm Paola De Franceschi aveva concluso con una richiesta di pena decisamente più alta. Il difensore, avvocato Giulia Azzarello, si era invece espressa per l’assoluzione di Sapienza su tutto il fronte, «perchè il fatto non sussiste» o, in subordine, «perchè non è previsto dalla legge come reato».

Nell’inchiesta era rimasta coinvolta anche Francesca Tecchio, 27 anni, di Pasian di Prato, chiamata a rispondere di concorso nell’esercizio professionale e abusivo di Sapienza in qualità di sua segretaria. Il giudice ha deciso per l’assoluzione «per non aver commesso il fatto», discostandosi in tal modo dalle conclusioni della pubblica accusa, che aveva sollecitato una condanna a otto mesi, e aderendo invece alla linea difensiva sostenuta dall’avvocato Massimo Cescutti.

A mettere in moto la macchina investigativa era stata la querela presentata nel giugno 2012 da un cliente, per un’ipotesi d’indebita appropriazione di una provvigione. Gli accertamenti della Guardia di finanza avevano in breve fatto emergere non soltanto i numerosi precedenti a suo carico, ma anche la sospensione dal 2010 dall’Albo dei Mediatori creditizi e la cancellazione dall’elenco degli Agenti in attività finanziaria.

Poi, una perquisizione aveva permesso di trovargli nel computer una cartella con copie di documenti relativi alle pratiche di finanziamento curate per una trentina di clienti.

Le sedi adoperate per operare erano state poste dapprima in un ufficio al civico 63 di viale Venezia 63 e trasferite poi in via Cormor Alto 32. Le somme che tratteneva sui finanziamenti a titolo di compenso variavano tra i 200 e i 500 euro e il “trucco” per garantire ai clienti la concessione in tempi brevi dalle finanziarie delle somme richieste consisteva nell’indicare falsamente l’acquisto di un bene.

Per questo, si appoggiava alle società Mobiludine e Supercar srl, con sedi fittizie e amministratori compiacenti. Il falso si riferiva alla documentazione di un’auto per un cliente, mentre la presunta truffa riguardava il compenso di 300 euro che Sapienza si sarebbe trattenuto in cambio di un finanziamento mai ottenuto da un altro cliente.

Tutte accuse che Sapienza, attualmente detenuto per scontare una pena definitiva di otto mesi e presente ieri in aula, ha cercato di smontare con la propria deposizione. È stato poi l’avvocato Azzarello, nell’arringa, a ricordare come, venuti meno i requisiti per operare come mediatore e agente finanziario, si fosse messo a fare il procacciatore di affari.

È in questa veste che aveva continuato a lavorare, in forza di “Contratti di libera collaborazione quale segnalatore dei finanziamenti”, limitandosi a creare i contatti tra l’intermediario e i clienti. Parzialmente soddisfatta per l’esito del processo, la difesa ha preannunciato comunque appello.

L’avvocato Cescutti aveva invece osservato come la Tecchio, in quanto dipendente, non fosse tenuta a conoscere l’attività di Sapienza, descrivendola come una «brava e diligente» segretaria. Le parti civili erano rappresentate dagli avvocati Andrea Coluccia, Elena Turchetti e Antonio Matera.

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