Al via l’aumento di capitale di Banca Monte dei Paschi di Siena
Nel giorno di avvio dell'aumento di capitale, il titolo Monte dei Paschi di Siena vira in rosso.
Mps e i Pir esentasse

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Nel giorno di avvio dell’aumento di capitale, il titolo Monte dei Paschi di Siena vira in rosso. Per contro i diritti non fanno prezzo in avvio, soggetti ad un calo teorico del 20% a 6,27 euro. Nel frattempo, il bond subordinato con scadenza al 2028, quello più liquido da 750 milioni di euro, vede il prezzo salire leggermente a 73,51, mentre il rendimento alla call, nel 2023, si muove laterale al 143,94% dopo aver toccato il 370% per timore del mercato che la banca non riuscisse a portare a compimento il rafforzamento patrimoniale.

Mps non può permettersi una sottoscrizione anche solo parziale dell’aumento di capitale iper diluitivo. In quel caso infatti la banca senese rischierebbe di andare incontro a scenari molto penalizzanti per soci e obbligazionisti, fino a quello di burden sharing, cioè la riduzione o l’azzeramento del valore nominale di azioni e bond subordinati. E’ quello che emerge dall’avviso della Bce alla banca in merito all’operazione in atto che Consob ha fatto pubblicare venerdì 14.

Le modalità dell’aumento

L’operazione avverrà in forma scindibile. Saranno emesse massime 1.249.665.648 azioni ordinarie da offrire in opzione agli attuali azionisti di Mps al prezzo di 2 euro nel rapporto di 374 nuove azioni ogni 3 azioni Mps possedute. Il prezzo di sottoscrizione incorpora uno sconto del 7,79% rispetto al prezzo teorico ex diritto (il cosiddetto Terp) delle azioni del Monte calcolato sulla base del prezzo ufficiale di chiusura di borsa all’11 ottobre 2022.

Il rischio per gli obbligazionisti

A esplicitare il rischio è il prospetto informativo dell’operazione approvato venerdì 14 ottobre dalla Consob. “A fronte del mancato rispetto dei livelli di guidance o di requisiti patrimoniali, l’autorità di vigilanza può imporre misure correttive specifiche, tra cui la richiesta all’emittente di presentare un piano di ripristino dei livelli patrimoniali che sia proporzionato, in termini di severità e tempistica, all’entità della violazione in termini di scostamento dai requisiti richiesti”, spiega il prospetto, che prosegue: “si ricorda che in caso di violazione del livello di Tscr (i coefficienti imposti con la decisione sul capitale, ndr) in ultima istanza possono essere imposte misure quali l’attivazione del burden sharing e la ricapitalizzazione precauzionale”, puntualizza la banca. A fine giugno, precisa il documento, il totale delle passività rilevante a fini burden sharing è di 1,75 miliardi, pari all’importo totale dei prestiti subordinati emessi.

Le due ispezioni della Bce

Sotto certe condizioni la provvista di capitale potrebbe non rivelarsi sufficiente anche tenendo conto dell’aumento: “sussiste il rischio – precisa infatti il prospetto – che, a conclusione dell’attività ispettiva da parte di Bce, l’autorità di vigilanza ritenga necessario imporre dei requisiti aggiuntivi, in termini, di rwa, rispetto a quelli già previsti dai modelli interni del gruppo, se questi non venissero giudicati soddisfacenti. In questo caso, è possibile che il gruppo si trovi ad operare al di sotto del livello di guidance anche in caso di piena esecuzione dell’aumento”. Mps comunica infatti di essere sotto esame su due fronti. Da un lato è in corso un’ispezione sui modelli interni di rating, per i quali si attende un’autorizzazione nel terzo quadrimestre del 2022. In questo caso il rischio è che “la Bce identifichi modifiche ai modelli proposti dall’emittente che comportino un incremento di rwa superiore a quanto previsto”. Dall’altro lato si è invece conclusa una ispezione sul rischio di credito “per cui si è già tenuto il consueto exit meeting e per la quale si attende il rapporto conclusivo nel terzo quadrimestre del 2022”. In questo caso il rischio – precisa il prospetto – è che “siano rivisti i criteri di classificazione e, conseguentemente, accantonamenti sui portafogli oggetto di ispezione con conseguenti impatti negativi sul patrimonio del gruppo”.

Il rischio di credito

Il prospetto ricorda che “nell’ambito della Srep Decision 2021, Bce ha evidenziato che in assenza di aumento di capitale, il gruppo è destinato a violare i requisiti patrimoniali, violazione destinata a protrarsi anche negli anni successivi. Inoltre, anche in caso di piena esecuzione dell’aumento di capitale, i margini sopra il livello di guidance permangono comunque sottili, anche alla luce degli ambiziosi obiettivi industriali del piano”. Nel documento particolare attenzione va inoltre al tema del credito. A oggi, spiega il prospetto, Mps “è in linea con gli obiettivi di copertura degli npe esplicitati nella Srep Decision 2021”. Tuttavia si ricorda che nello Srep “Bce ha evidenziato come i clienti affidati dal gruppo Mps abbiano beneficiato in maniera significativa delle misure di supporto pubblico statale, sia in termini di moratorie che di garanzie rilasciate, e che quindi l’emittente è esposto al rischio che, nel momento in cui tali misure vengano meno, la qualità del portafoglio crediti possa sensibilmente deteriorarsi”. Il rischio di credito viene ancora considerato un fattore di rischio a fronte del “ritardo nell’implementazione del sistema di intercettamento del deterioramento del merito creditizio, delle carenze nella governance delle modifiche dei modelli del rischio di credito utilizzati ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali e dalle generali incertezze connesse con gli impatti della pandemia, della guerra in Ucraina e dall’evoluzione delle condizioni macro-economiche”.

I rischi di mercato

In questo ambito la casistica contemplata dal prospetto è ampia. “il rischio di mercato – spiega il documento potrebbe essere generato da cambiamenti nel generale andamento dell’economia e dei mercati finanziari nazionali e internazionali, da politiche monetarie e fiscali, dalla liquidità dei mercati su scala globale, dalla disponibilità e costo dei capitali, da interventi delle agenzie di rating, da eventi politici a livello sia locale sia internazionale, da conflitti bellici e atti di terrorismo, dalla diffusione di epidemie che abbiano impatti sulla salute pubblica e sull’economia. Nel contesto attuale tale rischio può manifestarsi anche per effetto dell’incremento globale dell’inflazione e dei prezzi delle materie prime a fronte, tra l’altro, del proseguire delle ostilità in Ucraina, nonché dell’ulteriore incremento atteso dei tassi di interesse che potrebbe essere posto in atto dalla Bce, già evidente nelle aspettative di mercato a partire dal primo trimestre dell’anno”, conclude il prospetto.

I paletti del consorzio

L’accordo con il consorzio sulla garanzia è stato il punto di svolta dell’operazione che partirà lunedì 17. Il prospetto si sofferma anche sulle condizioni di quell’intesa ricordando che il contratto prevede la possibilità per gli istituti “di risolverlo anticipatamente, venendo meno al conseguente impegno di sottoscrizione delle azioni eventualmente rimaste inoptate al verificarsi di taluni casi”. Tra questi casi “vi è la pubblicazione di un supplemento al prospetto” che produca un numero consistente di “revoche effettuate dai sottoscrittori durante il periodo di offerta” o un “impatto negativo sulla domanda nel corso dell’offerta in borsa sia tale, secondo il giudizio di buona fede dei joint global coordinators (previa consultazione con la società nella misura in cui quest’ultima sia prontamente disponibile a partecipare a tale consultazione), da pregiudicare in maniera significativa il successo dell’aumento di capitale”. Al momento però diversi osservatori ritengono remoto un rischio di questo genere. Soprattutto alla luce degli impegni formali e informali raccolti nell’ultima settimana dal ceo Luigi Lovaglio e dal pool dei collocatori capitanato da Mediobanca, BofA, Credit Suisse e Citi. Con già prenotato mezzo miliardo dei 900 milioni circa di nuovo capitale da trovare sul mercato (gli altri 1,6 miliardi li assicura l’azionista Tesoro), c’è insomma fiducia che l’operazione possa andare in porto.

Mps, 2 miliardi di aumento di capitale all’anno negli ultimi 15 anni

Mps, che ha avviato la sua storia a Piazza Affari nel 1999 all’epoca a un prezzo attorno 3,85 euro, valeva fino a venerdì 23 settembre 0,3 euro per 300 milioni di capitalizzazione dopo una serie di aumenti che hanno azzerato il valore in mano agli investitori. Infatti, negli ultimi 15 anni la banca senese ha rafforzato il patrimonio per 5 miliardi di euro nel 2008, nel 2009 ancora 1 miliardo sottoscritto dallo Stato attraverso i Tremonti Bond. Di nuovo, nel 2011, altri 2,15 miliardi di euro, nel 2013 furono invece 4 miliardi sottoscritti dallo Stato (i Monti Bond). Nel 2014 si trattò di altri 5 miliardi, nel 2015 di 3 miliardi, nel 2017 di 8,3 miliardi di cui 5,4 miliardi versati dallo Stato come ricapitalizzazione precauzionale e la restante quota di 2,9 miliardi come conversione di prestiti subordinati. Con l’aumento del 2022 da 2,5 miliardi si arriva a 31,5 miliardi, circa 2 miliardi l’anno. 

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