AlixPartners: il mercato cinese supererà nel 2026 la soglia dei 30 milioni di veicoli
Il mercato italiano dei veicoli in recupero.
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Il mercato italiano dei veicoli in recupero. Le difficoltà nella supply chain continueranno fino al 2024, anche se in un contesto di progressivo miglioramento della disponibilità di chip. Questo complesso contesto, insieme alla pressione sui costi delle materie prime e dei trasporti che ha impattato maggiormente i fornitori, rappresenta una grande sfida per un settore che nei prossimi cinque anni investirà 526 miliardi di dollari per supportare lo sviluppo e il passaggio ai veicoli elettrici a batteria (Bev), come sottolinea lo studio di AlixPartners. Secondo l’analisi, la transizione, che si svolge in un contesto di prospettive economiche in calo, potrebbe costare alle case automobilistiche e ai fornitori 70 miliardi di dollari se non gestita correttamente e proattivamente.

I fornitori, che hanno maggiormente assorbito l’aumento dei costi, hanno ottenuto un aumento dei margini (Ebitda) inferiore, rimanendo sotto la media dell’ultimo decennio, e con un indebitamento sostanzialmente stabile e a livelli record.

Secondo le ultime previsioni di AlixPartners, le auto elettriche supereranno i veicoli tradizionali in termini di quota in tutti i principali mercati, ma non prima del 2035.
La recente conferma del programma Fit for 55 in Europa supporterà un ulteriore incremento e accelerazione della penetrazione di veicoli Bev in Europa, che rappresenteranno il 44% e l’83% rispettivamente nel 2028 e 2035. In Italia è previsto che i veicoli a batteria passino dal 4% del 2021 al 54% nel 2030 – inferiore agli altri principali paesi europei – per convergere nel 2035 ai valori definiti dal Fit for 55.

La crescita del mercato delle vetture elettriche, sarà ostacolata da un costo delle materie prime superiore (24 mila € medi per un Bev contro 15 mila € per una vettura con motore a combustione) e in aumento ulteriore per effetto del costo delle batterie, il cui trend di diminuzione si potrebbe temporaneamente invertire per effetto dell’aumento di alcune materie prime come nickel e cobalto di cui la Russia è un grande produttore.

«Nel 2021 i costruttori di automobili hanno raggiunto il record storico di profittabilità, migliorando ulteriormente i risultati del 2020, quando per la prima volta hanno avuto profittabilità superiore ai propri fornitori. Considerando gli ulteriori recenti incrementi dei costi di energia e materie prime, la tensione sulla distribuzione dei profitti lungo la catena di fornitura proseguirà nei prossimi anni», spiega Paolo Pucino, director di AlixPartners.

«Un veicolo elettrico costa mediamente il 60% in più di un equivalente veicolo a combustione, con un terzo del costo legato al pacco batteria. Miglioramenti tecnologici e economie di scala hanno permesso di ridurre il costo delle batterie negli ultimi 5 anni, ma l’aumento delle materie prime potrebbe causare un’inversione del trend nel 2022. Il difficile percorso verso la parità di costo tra veicoli elettrici e a motore termico potrebbe subire un rallentamento», dichiara Emanuele Cordone, director di AlixPartners.

In questo quadro molto complesso, i fornitori sono particolarmente vulnerabili, secondo lo studio, con l’ingresso di nuovi concorrenti, tra cui i fornitori di batterie e tecnologie, e con la scelta delle case automobilistiche di produrre in proprio un numero maggiore di nuovi componenti per convertire gli impianti e le competenze del personale ai veicoli elettrici. Secondo AlixPartners, i fornitori sembrano avere accesso solo al 28% del valore di produzione dei nuovi powertrain.

«Le case automobilistiche e i fornitori stanno continuando ad affrontare un contesto complesso e soggetto a continue disruption, dando prova di reattività e recuperando margini utili a sostenere gli ingenti investimenti necessari al completamento dell’elettrificazione che avverranno prima che i volumi siano sufficienti a raggiungere per economie di produzione e competitività dei costi paragonabili alle vetture con motore a combustione interna», afferma Dario Duse, managing director di AlixPartners e co-leader europeo del team Automotive and Industrial di AlixPartners. «Mentre molte aziende stanno pianificando la propria transizione, è necessario sviluppare ulteriormente la capacità di riprogettare la catena di fornitura e gestire la transizione per limitarne il costo: i 70 miliardi di dollari di costo complessivo per l’industria fino al 2030 possono essere dimezzati con una gestione attenta e proattiva».

Secondo il Global Automotive Outlook, in futuro i nuovi acquirenti si concentreranno maggiormente sul prezzo di acquisto, sui costi di proprietà e sulla comodità di ricarica, il che richiederà uno spostamento della focalizzazione di costruttori e fornitori dal time-to-market alla competitività sui costi e un continuo investimento sulla rete di ricarica, che oltre alla capillarità dovrà anche raddoppiare l’utilizzazione (tempo in cui viene effettivamente erogata energia) per essere economicamente sostenibile e produrre ritorni sugli ingenti investimenti. 

Da questo punto di vista l’Italia che attualmente ha circa 28 mila punti di ricarica (14 mila colonnine, nella maggior parte a bassa potenza) potrà sfruttare i 750 milioni di euro previsti nel Pnrr per installare ulteriori 21 mila punti di ricarica (10.500 colonnine), prevalentemente a media e alta potenza, potenzialmente sviluppando una capacità sufficiente nel 2025 al parco elettrico previsto nel 2030.

L’Italia è inoltre uno dei paesi all’avanguardia per lo sviluppo di sistemi di ricarica alternativi come l’induzione già in sperimentazione sulla autostrada Brebemi. 

Con 3.662 dollari per veicolo (negli Stati Uniti), il contenuto di materie prime in un veicolo a motore tradizionale è quasi raddoppiato rispetto ai livelli pre-pandemici. Questo dato impallidisce rispetto al contenuto di materie prime delle auto elettriche, che ora è di 8.255 dollari per veicolo. La disparità è determinata soprattutto dai prezzi di cobalto, nichel e litio.

In futuro, la carenza di chip del settore potrebbe influire in modo sproporzionato sulla produzione di auto elettriche, perché richiedono un numero di chip esponenzialmente maggiore rispetto alle vetture tradizionali. La domanda di chip da parte dei produttori di auto elettriche crescerà del 55% all’anno rendendo la disponibilità di microprocessori un ostacolo continuo per la produzione.

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