Bpm, via ai tagli al personale Ora si punta a 800 esuberi

Ancora nessun commento

Accordo fatto per gli esuberi della Popolare di Milano: Piazza Meda si assicura i 70 milioni di risparmi previsti sul costo del lavoro e getta le basi per aumentare da 700 a 800 addetti i potenziali pensionandi, accettando fin d’ora le domande di uscita al 2020, i sindacati ottengono che le espulsioni siano volontarie e incentivate.
Il costo dell’accordo è stimato tra i 180 e i 200 milioni, spesati già quest’anno. Il contratto integrativo («Cia») sopravvive, ma a marzo sarà riscritto anche in base alle sinergie ottenute. La trattativa, avviata in agosto, si è conclusa alle due di notte di giovedì quando nella sala riunioni posta al secondo piano di Piazza Meda Fabi, Fiba, Fisac e Uilca hanno firmato il piano industriale alla presenza dell’ad Piero Montani. La Dircredito ha invece deciso lo strappo, davanti al colpo di mannaia in arrivo su un corpo dirigenziale che, complice le «carriere politiche» su cui la vecchia Bpm chiudeva un occhio, conta 200 persone. Di questi 120 erano «leggeri», cioè inamovibili. A preoccupare è l’articolo 10 dell’«Accordo quadro» (23 pagine, allegati compresi) perché tutti sanno che nella Bpm di Andrea Bonomi le caselle di comando saranno contate. Così come è in corso la rivisitazione della rete, già 500 le nomine effettuate. Quanto agli impiegati in eccesso, l’articolo 5 dell’intesa prevede per chi ha diritto alla pensione e presenta domanda entro l’anno un incentivo di 7 mensilità (9 per quanti usciranno prima dei 62 anni; 14 per le donne con 35 anni di contributi). Ai pre-pensionati che utilizzeranno il Fondo esuberi andrà un bonus compreso tra lo 0,5 e lo 0,9% della retribuzione (articolo 6), cui aggiungere il «premio tempestività» pari a 2 mensilità per quanti accetteranno l’impianto entro fine dicembre. Il contratto integrativo è affrontato all’articolo 7: le voci che rendevano unico lo stipendio di Bpm per un peso complessivo di 70 milioni – come la «Retribuzione integrativa aziendale» e il «premio di rendimento extra standard» (per gli assunti fino al 2000) – sono trasformati in assegni ad personam, non più rivalutabili né applicabili ai nuovi assunti. Anche l’«Indennità invernale per il caro carbone», eredità del Ventennio, e il «Monte aggiuntivo» saranno pagati pro-quota solo fino a marzo. Poi il «Cia» sarà riscritto secondo una logica dei vasi comunicanti, guardando ai risparmi ottenuti con i pensionamenti. Dalla verifica dipende anche l’integrativo dei dipendenti ex Legnano dopo la fusione: Bpm ha ad oggi riconosciuto un’indennità annua di 1.200 euro, un punto molto caro alla Fabi che è la sigla maggioritaria a livello di gruppo sebbene nella sola Piazza Meda sia la Uilca ad avere più iscritti. Completa il piano il ricorso ai contratti di solidarietà, come già fatto da Intesa e Ubi Banca: gli impiegati lavoreranno tre giorni nel triennio senza pesare sul bilancio della banca, 4 giornate i quadri e 6 i dirigenti.
«L’accordo dimostra che in Bpm tutti si rendono conto che occorre una svolta. Non abbiamo fatto regali a nessuno, ma abbiamo voluto concordare come agire», commenta il capo delle Risorse umane di Bpm Giovanni Rossi. Un «buon accordo» che «proietta Bpm oltre la crisi», concordano i leader di Fabi, Lando Maria Sileoni, e Fiba Giuseppe Gallo. Il vertice Bpm «non ha più alibi, deve rilanciare la banca», chiosa il capo della Uilca, Massimo Masi.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI