Buoni fruttiferi postali a tassi dimezzati

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I buoni postali, per tradizione considerati un investimento sicuro e tranquillo per medi risparmiatori, si presentavano come assegni con su scritto “Un milione” e sul retro una serie di simboli che spiegavano a grandi linee come il capitale fosse destinato alla rivalutazione di anno in anno per 3 decenni.

Si tratta di quei buoni postali, che venivano regalati anche ai bambini per essere riscossi al raggiungimento dell’età adulta, con la serie M, N, O emessi tra il 1974 e il 1986. Proprio nel 1986 un decreto del governo aveva dimezzato i rendimenti dei buoni postali e quasi tutti i risparmiatori non se ne sono accorti. Almeno fino a quando non sono giunti in posta ad incassare.

Così un gruppo di circa venti risparmiatori sotto l’ala difensiva del Movimento dei consumatori, un anno fa si è mosso facendo ricorso ad un giudice di pace di Savona, Andrea Grammatico. Che si è pronunciato dando ragione ai risparmiatori.

Una sentenza di merito che conferma la prima vittoria dei risparmiatori, visto che un decreto ingiuntivo provvisorio del giudice aveva costretto Poste Italiane a versare la differenza. Ora il giudizio di primo grado è certo ma c’è ancora la Cassazione.

Ovviamente i risparmiatori sono già contenti visto che hanno già in mano i loro soldi. Come commenta in un articolo de La Stampa l’avvocato Marta Buffoni di Novara, che ha avviato cause in tutta Italia, “è bello aspettare la sentenza definitiva con i soldi già in mano. Tutti i giudici a cui mi sono rivolta hanno obbligato le Poste a pagare fin da subito la differenza ai clienti. E il decreto ingiuntivo più recente che ho ottenuto – continua il legale che ha avviato cause in tutt’Italia – “ha fatto incassare a un mio cliente di Novara quasi 200 mila euro”.

E se dal canto loro le Poste dichiarano di essere state corrette avendo applicato la legge per il giudice questa stessa legge è sbagliata visto che la modifica delle condizioni non è stata mai comunicata singolarmente agli interessi.

“La variazione unilaterale dei tassi” – scrive il giudice di pace di Savona – ” rappresenta un evidente violazione degli obblighi contrattuali e del principio di buona fede contrattuale”.

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