Carige, al cda la lettera dell’Ente

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È giunta ieri pomeriggio ai vertici di Banca Carige la lettera della Fondazione omonima, con la quale l’ente chiede spiegazioni all’istituto di credito (di cui è azionista al 19%) in merito ai risultati degli stress test di Bce. E, a quanto risulta, suggerisce alcune mosse alternative all’aumento di capitale tra 500 e 650 milioni votato dal cda di Carige.

I vertici della banca «confermano la ricezione della missiva» (la cui compilazione è stata anticipata dal Sole 24 Ore l’1 novembre scorso); ma non fanno commenti sui contenuti «essendo indirizzata al cda e quindi da analizzare con i consiglieri». Una riunione del consiglio della banca è programmata l’11 novembre.
Nel testo, a quanto risulta, la fondazione, oltre ad auspicare un’aggregazione tra banche prima dell’aumento di capitale, suggerisce di contenere il più possibile la nuova ricapitalizzazione, ipotizzando che parte della somma per arrivare ai 500/650 milioni previsti per l’aumento possa essere coperta da strumenti ibridi di capitale. Altre risorse, secondo la fondazione, potrebbero arrivare dalla vendita di asset aggiuntivi rispetto a quelli che il cda di Carige ha già deciso di alienare (Banca Cesare Ponti e Creditis). Inoltre, farebbe notare la fondazione, la Bce, nel valutare Carige, ha fortemente penalizzato la banca per l’alto numero di titoli di Stato italiani detenuti al 31/12/2013. Nel 2014, però, Carige ha alienato buona parte di quei titoli, diminuendo così il margine di rischio e recuperando risorse per 100-150 milioni non conteggiate dalla Bce.
Ma una riflessione arriva da ambienti finanziari e riguarda il fatto che, da martedì scorso, Carige, come le altre banche Ue, è passata sotto la vigilanza di Bce. D’ora in poi, quindi, le regole le detta Francoforte, che chiede che gli shortfall (quello di Carige è di 814 milioni) siano ripianati nel minor tempo possibile.

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