Caso Acc, banche a rilento

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La prima presentazione alle banche del piano di salvataggio risale all’1 agosto scorso: al tavolo si siedono nove istituti di credito, pesantemente colpiti (per circa 100 milioni di euro sui 200 milioni complessivi dell’insolvenza della precedente gestione) dalla crisi Acc di Mel, in provincia di Belluno. L’ex Zanussi, nello stabilimento sorto dopo la tragedia del Vajont, occupa attualmente 620 persone, con un indotto che sfiora i 2.500 addetti; qui si producono compressori destinati ai frigoriferi, unico baluardo rimasto in Europa insieme all’ex “sorella”, ora concorrente, l’ex Acc austriaca.
Una trattativa lunga, quella per il credito necessario a non fermare la produzione e pagare gli stipendi – a oggi manca ancora il saldo di ottobre e novembre – sostenuta dal pressing della Regione Veneto, degli industriali della provincia, dei 16 sindaci di tutti i comuni del circondario coinvolti nelle sorti dello stabilimento e dei lavoratori, che lo scorso novembre hanno organizzato presidi davanti agli sportelli delle banche che tardavano a dare risposte.
A metterci una pezza è arrivato il prestito ponte concesso dalla finanziaria regionale Veneto Sviluppo, che ha agito anche anticipando 470mila euro per la cessione di 1,8 milioni di crediti Iva.
Cinque mesi fa, a luglio, la Acc aveva un portafoglio ordini azzerato: da qui a fine 2014 la quota è oggi di 3,6 milioni di pezzi, per una quota di mercato del 14 per cento. Lo stallo nel credito – che aveva fatto parlare l’assessore al Lavoro Elena Donazzan, 84 giorni dopo l’inizio del confronto con il pool di banche, di «omissione di soccorso» – dovrebbe ufficialmente chiudersi nei prossimi giorni, probabilmente giovedì 12, con la firma del term sheet agreement, l’accordo quadro che prevede l’erogazione di due tranche di 3,1 milioni (contestuale) e di successivi 12,9 milioni dopo l’autorizzazione della Commissione europea alla garanzia di Stato sui crediti (prevista fra Natale e Capodanno). Curiosamente, la data potrebbe coincidere con un’altra decisione a livello europeo: quella sulla concorrenza che riguarda proprio l’acquisizione di Acc Austria da parte di Secop.
Anche per il sito di Mel la prospettiva è la vendita, da concludere entro il 30 aprile prossimo «a un primario operatore internazionale (il cosiddetto fast track, ndr), consentendo un più rapido rientro delle banche dalla loro esposizione. Il bando è stato pubblicato venerdì scorso dal Sole 24 Ore e dal Financial Times: appare scontato l’interesse a rilevare tecnologia e produzione europea di alta gamma da parte di grandi produttori cinesi di elettrodomestici (come Jiaxipera, Donper, Wanbao), ma anche europei privi del presidio diretto sul compressore (da Indesit a Bosch alla stessa Electrolux) fino ai turchi di Vestel, senza escludere qualche componentista italiano che, a prezzi di saldo, potrebbe decidere di investire nell’azienda di cui è oggi fornitore.
Sarebbe una sorta di ritorno al passato, dopo gli anni dell’esternalizzazione estrema. Lo sfondo della vicenda Acc è quello della crisi dell’elettrodomestico italiano: «Dall’inizio della crisi la produzione nazionale è dimezzata, da 36 a 18 milioni di elettrodomestici. In mezzo c’è l’ascesa della Polonia e della Turchia, ma anche la stabilità sostanziale della Germania, segno che non è solo il costo del lavoro la questione centrale», ha spesso ripetuto Maurizio Castro, commissario straordinario che da ex manager Electrolux è stato chiamato a far parte della task force anti delocalizzazioni creata a Pordenone.

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