Cdp studia il piano per rilanciare i mutui

Ancora nessun commento

Il mercato italiano dei mutui immobiliari è profondamente malato, addirittura agonizzante per i pessimisti. Il dimezzamento dei finanziamenti casa concessi nell’ultimo anno alle famiglie dalle banche di casa nostra, del resto, è un dato che non ammette molte repliche. Tra coloro che si affannano al suo capezzale potrebbe tuttavia in un futuro non troppo lontano spuntare anche la Cassa depositi e prestiti (Cdp), che nelle intenzioni del Governo dovrebbe esercitare un ruolo più attivo nello sblocco del canale del credito.

Cinque sono i miliardi di euro che la società guidata da Giovanni Gorno Tempini potrebbe destinare al rilancio del mercato dei prestiti immobiliari, nel caso si decidesse di ampliare il suo perimetro di azione per assimilarla alla Cdc francese o alla Kfw tedesca: si parla di un sistema di garanzie da fornire a chi vuole sottoscrivere un nuovo prodotto (soprattutto ai giovani), si discute soprattutto dell’ipotesi di acquistare mutui cartolarizzati dalle banche, in modo che queste possano liberare risorse da destinare alla concessione di nuovi finanziamenti.
Un intervento indiretto
Si tratterebbe, in quest’ultimo caso, di una sorta di aiuto indiretto, ma non per questo meno importante. Il tema delle cartolarizzazioni (securitization in gergo anglosassone) può in effetti rappresentare un nodo cruciale per propiziare la ripresa del mercato stesso dei prestiti-casa. Attraverso queste operazioni, le banche in passato hanno potuto «impacchettare» mutui (residenziali in questo caso) e in tal modo godere di una serie di vantaggi: ottenere liquidità preziosa dalla cessione di questi strumenti sintetici e al tempo stesso liberare patrimonio netto da destinare quindi ad altre attività (possibilmente impieghi).
Ogni volta che concede un prestito alla clientela, una banca deve infatti accantonare capitale per coprire i rischi di eventi inattesi sulla base dei criteri di Basilea 2: un’operazione necessaria per garantire la solidità dell’istituto di credito, che allo stesso tempo però sottrae risorse preziose. Impacchettati e rivenduti a terzi, i mutui escono dal perimetro delle banche e «liberano» capitale: non molto, per la verità, visto che secondo le stime di Value Partners le banche italiane accantonano in media una cifra vicina a 2 euro ogni 100 euro destinati a mutui alle famiglie, ma pur sempre qualcosa.
Del resto, non è probabilmente un caso se il momento d’oro del mercato delle Rmbs (residential mortgage-backed securities), prima dello scoppio della crisi subprime, ha coinciso anche con la fase più favorevole per il mercato dei prestiti immobiliari e con la significativa riduzione degli spread praticati alla clientela. Certo, quelli erano i tempi della «finanza creativa» (fenomeno un po’ più marginale in Italia, per la verità), ma è anche altrettanto evidente che senza la possibilità di effettuare cartolarizzazioni le banche perdono una freccia importante al proprio arco e rimangono prudenti nella concessione dei prestiti.
I margini di azione
Se i vantaggi di avere un «compratore» di cartolarizzazioni nella Cdp sono in via teorica comprensibili, più complicato è capire che portata potrà avere nella pratica un intervento simile. Cinque miliardi di euro (ammesso che siano destinati a tale scopo) non sono sotto questo aspetto una cifra enorme. Il valore complessivo delle cartolarizzazioni Rmbs originate dalle banche italiane in Italia resta comunque di poco inferiore ai 100 miliardi di euro: 94,7 miliardi alla fine del primo trimestre del 2013, secondo i dati raccolti da Afme; 52 miliardi di euro invece secondo Dealogic, che non considera le auto-cartolarizzazioni, cioè le operazioni rimaste in pancia al gruppo e non immesse effettivamente sul mercato.
Quando si considera che lo stock dei prestiti per l’acquisto di abitazioni era pari a fine marzo (dati Bankitalia) a 330 miliardi di euro, si comprende come esistano margini di sviluppo significativi. Ma si capisce anche che i 5 miliardi della Cdp rischiano di essere la classica «goccia nell’Oceano», a meno che l’esistenza di una sorta di compratore di ultima istanza non funzioni da volano per il mercato, attirando investitori che invece se la sono data a gambe levate dopo lo scoppio del bubbone finanziario.
Il confronto europeo
Difficile in ogni caso stabilire se esista un livello di securitization ottimale per far funzionare il mercato dei mutui sottostante: guardando in giro per l’Europa si scopre che a fine 2012 il rapporto di copertura italiano si aggirava attorno al 28,7% ed era significativamente inferiore al 40% sperimentato in Paesi quali Olanda, Belgio e Irlanda. Il fatto però che in Francia e Germania, mercati cioè dove l’erogazione del credito funziona al momento in modo più efficace che da noi, la quantità di mutui cartolarizzati sia irrisoria (inferiore al 2%) dimostra che non necessariamente esiste un nesso fra le due grandezze.
Qui si apre in effetti il secondo nodo dell’intera questione: la liquidità affluita e il capitale «liberato» sarà realmente utilizzato dalle banche per aumentare i finanziamenti alla clientela, oppure dirottato verso forme di impiego più redditizie e meno rischiose? In mancanza di un intervento normativo che di fatto obblighi chi ha ricevuto l’aiuto Cdp a destinare le risorse per nuovi mutui, dubitare è più che lecito.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI