Chiarimenti in merito ai servizi accessori offerti dagli intermediari del credito
Chiarimenti in merito ai servizi accessori offerti dagli intermediari del credito

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Con la Comunicazione n. 11/16 dell’8 luglio 2016 l’O.A.M., Organismo per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi, ha fornito chiarimenti in merito ai servizi accessori offerti dagli intermediari del credito nel comparto della cessione del quinto dello stipendio ai sensi del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180.

 

Nel mirino dell’Organismo sono finite alcune attività prestate dagli Agenti in attività finanziaria e dalle società di Mediazione creditizia operanti in detto comparto.

 

Secondo quanto riferito dall’O.A.M., alcuni di tali professionisti, dopo aver intermediato il contratto di finanziamento contro cessione del quinto, ed aver quindi maturato la provvigione ai sensi delle disposizioni vigenti, svolgerebbero una attività (in seguito, per brevità, “attività accessoria”) non consentita dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (di seguito, “TUB”), segnatamente il Titolo VI-bis (art. 128-quater- 128-quaterdecies) e dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, consistente nella assistenza della propria clientela finalizzata al recupero di somme che, in sede di estinzione del finanziamento, non sono state correttamente rimborsate dalle Società finanziarie.

 

E’ ormai noto infatti che, almeno fino al 2011, molte Banche e società finanziarie non hanno adottato le regole di trasparenza previste dalle normative della Banca d’Italia al momento della stipula dei contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, e non hanno provveduto ai dovuti rimborsi in sede di estinzione.

 

La Comunicazione dell’O.A.M. qui in commento, ritenuto che alcuni intermediari del credito tratterrebbero “una percentuale del recuperato sulle somme astrattamente dovute al cliente”, ritiene che tale assistenza alla clientela “sia in contrasto con il principio di esclusività previsto dagli artt. 128-quater, comma 1 e 128-sexies, comma 3, del TUB”, e che la stessa non potrebbe nemmeno rientrare nel concetto di attività connessa e/o strumentale all’attività di intermediazione, configurandosi invece come una vera e propria attività ulteriore e diversa rispetto a quella attribuita loro dal Titolo VI-bis del TUB.

 

Sulla scorta di tali premesse, l’Organismo ritiene di poter esercitare l’attività di vigilanza in relazione a tali attività, e di dover interessare la Banca d’Italia per eventuali profili di competenza.

Il presente studio si propone di esaminare se tale attività di assistenza svolta dagli Agenti in attività finanziaria e dalle società di Mediazione creditizia sia o meno in linea con i principi e le normative che regolano l’attività degli Intermediari del credito, nonché con gli indirizzi della Banca d’Italia – anche in relazione alla condotta delle Società mandanti e agli obblighi su queste incombenti – e di evidenziare eventuali criticità della posizione assunta dall’O.A.M. con la Comunicazione in oggetto.

Per esaminare la questione in maniera compiuta e obiettiva non si può prescindere da una doverosa premessa.

La problematica dei rimborsi commissionali nel settore dei finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione, nonché di operazioni similari (segnatamente delegazioni di pagamento), fin dal 2009, è stata oggetto di intervento da parte della Banca d’Italia (mediante la Comunicazione del 10 novembre 2009, titolata “Cessione del quinto dello stipendio e operazioni assimilate: cautele e indirizzi per gli operatori”).

L’Istituto di Vigilanza sulle Banche e le Società finanziarie, dopo avere rilevato “numerose anomalie che comportano, tra l’altro, un incremento di costi per la clientela”, ha svolto alcune considerazioni e/o sollecitazioni agli Intermediari, che qui di seguito si riportano per estratto, utili (rectius, indispensabili) per meglio chiarire quanto si dirà appresso:

–     “non generalizzato rispetto delle regole e dei principi di trasparenza e correttezza nei rapporti con la clientela”;

–     “rilevante incidenza, sul costo complessivo a carico del cliente, delle polizze assicurative richieste per legge, i cui premi sono spesso determinati in modo

scarsamente trasparente”;

–     “il D.Lgs. 385/93 (TUB) dispone la facoltà incondizionata del consumatore di adempiere in via anticipata alle proprie obbligazioni “senza penalità e senza possibilità di patto contrario” (art. 125, co, 2), avendo egli diritto in tal caso “a un’equa riduzione del costo complessivo del credito”; pertanto l’intermediario dovrà restituire, nel caso in cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal

consumatore, la relativa quota non maturata”;

–     “disattendendo le previsioni legislative in materia (cfr. art. 39 DPR 180/1950), viene frequentemente concesso il rinnovo di finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio/pensione prima che siano decorsi i due quinti della durata degli stessi fissata per legge”;

–     “In tale quadro, si richiama più in generale l’importanza per gli intermediari di costruire proficui e corretti rapporti con la clientela”;

–     “Un’informazione chiara ed esaustiva è fondamentale per evitare che insorgano incomprensioni e contenziosi; l’attenzione e la tempestività nelle risposte alle istanze

della clientela può portare a una riduzione della conflittualità tra intermediari e utenti

dei servizi. In tale contesto, diviene cruciale il ruolo delle strutture aziendali che entrano direttamente in relazione con il pubblico.”;

–     “In relazione a quanto sopra, si ribadisce la necessità di adottare, in base alle disposizioni vigenti, standard di trasparenza e correttezza adeguati anche quando, in una o più fasi della commercializzazione, intervengano soggetti terzi estranei all’organizzazione degli intermediari eroganti (in particolare, agenti in attività finanziaria o mediatori creditizi)”;

 

–     “Data la ramificata rete distributiva che contraddistingue il comparto, gli intermediari che, a vario titolo, intervengono nel processo di vendita sono, a loro volta, tenuti a dotarsi di efficienti sistemi di monitoraggio e controllo”;

–     “Onde evitare la mancata conoscenza da parte del cliente del diritto alla restituzione delle somme dovute in caso di estinzione anticipata e la concreta applicazione di tale principio, si richiama l’attenzione a uno scrupoloso rispetto della normativa di trasparenza”;

–     “Conseguentemente, le banche e gli intermediari finanziari devono: – assicurare che la documentazione di trasparenza sia conforme alla normativa, tenuto anche conto di quanto sopra indicato; – ricostruire le quote di commissioni soggette a maturazione nel corso del tempo, anche al fine di ristorare, quanto meno con riferimento ai contratti in essere, la clientela che abbia proceduto ad estinzione anticipata delle cessioni, anche in occasione di rinnovi delle operazioni”;

–     “Ove abbiano proceduto al rinnovo di operazioni di cessione del quinto dello stipendio in violazione dell’art. 39 D.P.R. 180/50, adoperarsi, al fine di tutelare adeguatamente la propria reputazione ed affidabilità, affinché i clienti, quanto meno con riferimento ai contratti in essere, siano ristorati anche delle commissioni percepite dalla rete distributiva e delle quote non maturate dei premi assicurativi”;

–     “In ordine al mancato rispetto delle disposizioni in materia di termini minimi per il rinnovo delle operazioni e di retrocessione alla clientela degli importi alla stessa spettanti in caso di estinzione anticipata del finanziamento, si fa presente che la loro violazione sistematica viene valutata da questo Istituto come una grave violazione di norme di legge. Ove accertata, può condurre all’attivazione di procedimenti sanzionatori e anche di rigore nei confronti degli intermediari bancari ai sensi del Titolo IV del TUB, ovvero all’avvio del procedimento di cancellazione dagli appositi elenchi per gli intermediari finanziari ai sensi dell’art. 111 TUB”;

–     “Quanto descritto nel documento deve rappresentare – per banche, società finanziarie, agenti, mediatori attivi nel settore – elemento di attenta riflessione e comportare l’assunzione di conseguenti azioni correttive”;

–     “Tutti gli operatori che intervengono nel mercato della cessione del quinto sono tenuti ad astenersi dalle prassi anomale ivi indicate, ad evitare comportamenti fraudolenti o comunque lesivi dell’utente-consumatore, a rafforzare i presidi in materia di controlli interni avendo presente il criterio di piena responsabilità del soggetto erogante per le funzioni e competenze contrattualmente assegnate al servicer, all’outsourcer, fino all’ultimo anello della catena di vendita”.

 

L’indagine sull’attività oggetto della Comunicazione dell’O.A.M. deve essere pertanto condotta alla luce dei precedenti rilievi della Banca d’Italia, risalenti, come detto, al 2009, ribaditi nella successiva Comunicazione del 7 aprile 2011, mediante la quale l’Istituto, nel rammentare che entro il 1° giugno 2011 gli intermediari avrebbero dovuto adeguarsi alla nuova disciplina sul credito ai consumatori, ha rinnovato il richiamo a un rigoroso rispetto della normativa di settore e alla puntuale realizzazione delle iniziative necessarie per conformarsi a quanto comunicato il 10 novembre 2009.

 

In particolare, la Banca d’Italia, fra l’altro, ha sollecitato la generalità degli intermediari attivi nel comparto della CQS a:

 

“f) definire criteri rigorosi, legati a una stima ragionevole dei costi, per individuare eventuali somme da rimborsare ai clienti che abbiano in passato estinto anticipatamente le operazioni, valutando l’opportunità di utilizzare procedure informatiche per calcolare prontamente il

 

quantum dovuto. In tale ambito, conformemente alle indicazioni fornite con la comunicazione del 10 novembre 2009, gli intermediari adottano procedure che consentano di soddisfare tempestivamente le richieste di rimborso e, nell’ambito delle relazioni in corso con la clientela che ha sostituito un contratto con un altro tuttora in essere, di procedere d’iniziativa alle restituzioni”.

 

“g) Inoltre, dovranno essere effettuati in bilancio idonei accantonamenti a fronte delle somme da ristorare alla clientela e non ancora corrisposte. Tali accantonamenti dovranno coprire l’intera somma che l’intermediario ha deliberato di rimborsare d’iniziativa e una ragionevole stima delle somme che potrebbero essere richieste dalla clientela a fronte di contratti estinti in passato;”

 

“h) condurre un’attenta valutazione, oltre che dei rischi creditizi, anche dei rischi legali e reputazionali connessi al comparto della cessione del quinto nell’ambito del prossimo resoconto ICAAP, anche alla luce delle scelte effettuate in termini di destinatari e quantificazione dei rimborsi (ad esempio prevedendo, tra le ipotesi di stress, richieste di restituzione sensibilmente maggiori di quelle finora prospettate).”

 

Per completare diligentemente l’analisi sui contenuti della comunicazione dell’O.A.M. non può sottacersi nemmeno il ruolo svolto dall’ Arbitro Bancario Finanziario e il suo orientamento, ormai consolidato, sulle questioni concernenti i rimborsi commissionali nelle cessioni del quinto.

 

Dall’ultima relazione annuale dell’ABF si evince infatti che oltre la metà dei ricorsi inoltrati nel 2015 (7.410 su un totale di 13.575), cresciuti del 121 % solo nel primo quadrimestre del 2016, hanno riguardato le problematiche concernenti i finanziamenti con cessione del quinto.

 

In particolare il Collegio di Coordinamento ha elaborato i principi consolidati da rispettare nella individuazione e quantificazione degli oneri economici da restituire alla clientela in caso di estinzione anticipata dei contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o pensione.

 

E’ dunque ormai segnata la sorte di quei ricorsi radicati su impianti contrattuali non trasparenti, ben noti agli Intermediari e a chi si dedica professionalmente a questo settore, talchè la resistenza degli Istituti appare meramente dilatoria e suscettibile solo di intasare l’ordinaria attività dei Collegi arbitrali.

 

Le premesse che precedono giovano anche a rammentare un principio di carattere generale, secondo il quale l’attività delle Banche e delle Società finanziarie deve essere sempre improntata ad assoluta trasparenza, buona fede e correttezza delle relazioni (si veda il Provvedimento della Banca d’Italia del 29.7.2009 “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari; correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”, recentemente aggiornato con il Provvedimento del 15.7.2015), con il fine di perseguire l’obiettivo di rendere noti ai clienti gli elementi essenziali del rapporto contrattuale, favorire la concorrenza del mercato ed attenuare i rischi legali e reputazionali degli Intermediari, concorrendo alla prudente gestione dei servizi erogati ai clienti.

 

Alla luce di queste premesse, appare dunque evidente che nello svolgimento delle proprie attività gli Intermediari debbano curare con la massima attenzione il rispetto delle regole sulla trasparenza e la correttezza nella loro globalità, adottando tutte le misure necessarie ad evitarne la violazione.

 

Ed è proprio in questa fondamentale e delicatissima opera di “autocontrollo” che entra in gioco l’attività degli Agenti in attività finanziaria e delle società di Mediazione creditizia, finiti nel mirino dell’O.A.M. con la Comunicazione n. 11/2016, sulle cui valutazioni e conclusioni si ritiene di dissentire nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.

 

La Comunicazione dell’Organismo di gestione degli Elenchi presta infatti il fianco ad osservazioni critiche, che danno adito a riflessioni sulla obiettività di giudizio e sugli scopi perseguiti con la rigida posizione assunta dall’Organismo stesso.

 

La prima considerazione attiene alla asserita incompatibilità dell’attività di assistenza prestata dai soggetti sopra indicati (Agenti e Mediatori) nei confronti della clientela – finalizzata ad ottenere il rimborso delle commissioni e dei premi assicurativi nelle estinzioni anticipate – con la previsione di esclusività delle attività loro riservate dal T.U.B.

 

Contrariamente a quanto espresso dall’Organismo, è infatti da ritenere che il rispetto dei Provvedimenti della Banca d’Italia e degli obblighi di trasparenza, correttezza e buona fede sopra richiamati dovrebbero invece suggerire alle Banche e alle Società Finanziare di avvalersi proprio della rete distributiva per adottare quelle “misure interne” volte ad ottemperare agli obblighi restitutivi anche in assenza di una esplicita richiesta della clientela, come sollecitato dalla Banca d’Italia con la Comunicazione del 2011 (”nell’ambito delle relazioni in corso con la clientela che ha sostituito un contratto con un altro tuttora in essere, di procedere d’iniziativa alle restituzioni”).

 

Non pare pertanto azzardato affermare che il comportamento di quegli Istituti che non hanno adottato le predette misure o non hanno adempiuto “d’iniziativa” agli obblighi restitutori sia da ritenere non rispettoso dei cennati obblighi di correttezza e buona fede, con ogni conseguente effetto anche giurisdizionale in relazione alla responsabilità dell’Intermediario.

 

Avendo a mente le raccomandazioni della Banca d’Italia, (la quale “ribadisce la necessità di adottare, in base alle disposizioni vigenti , standard di trasparenza e correttezza adeguati anche quando, in una o più fasi della commercializzazione, intervengano soggetti terzi estranei all’organizzazione degli intermediari eroganti (in particolare, agenti in attività finanziaria o mediatori creditizi”), non si comprende allora come si possa ritenere in contrasto con i principi di esclusività l’attività dell’Agente e del Mediatore creditizio il quale, mediante l’assistenza prestata alla clientela, svolge, in ultima analisi, un ruolo informativo e di supporto finalizzato all’assolvimento dei predetti obblighi delle Società mandanti e alla loro tutela reputazionale.

 

Paradossalmente, il ruolo di tali categorie di soggetti dovrebbe invece essere valorizzato e incentivato, proprio con il fine di conseguire il rispetto, da parte delle Banche e dalle Società finanziarie, delle regole sopra ricordate, che costituiscono – o dovrebbero costituire – il tessuto connettivo della delicatissima attività bancaria.

 

Riletta la Comunicazione dell’O.A.M. alla luce dei principi ricordati, appare dunque che la cennata attività di assistenza svolta dagli Agenti in attività finanziaria e dai Mediatori creditizi, lungi dal costituire una attività consulenziale “parallela” e non consentita dal T.U.B., si manifesta invece – ed in tale guisa dovrebbe essere apprezzata – come un’attività che consente di dare attuazione alle raccomandazioni della Banca d’Italia, facilitando e favorendo i rimborsi  ai Consumatori, proprio nell’interesse di quelle stesse Banche e Società finanziarie dalle quali hanno ricevuto il mandato, affinchè siano rispettati quei principi di trasparenza, correttezza e buona fede che permeano la disciplina dell’attività bancaria e finanziaria, e affinchè sia tutelata la reputazione delle stesse Società finanziarie e bancarie e dell’intera categoria dei soggetti prestatori del credito.

 

Va da sé che il superiore interesse ora ricordato alla buona gestione dell’attività bancaria e finanziaria non può cedere il passo al mero interesse economico di alcune Società o Gruppi Bancari, i quali, disattendendo le raccomandazioni della Banca d’Italia, non hanno effettuato gli opportuni accantonamenti di bilancio per provvedere alle dovute restituzioni alla clientela.

 

E’ evidente che la serietà di un Istituto finanziario si misura non solo nella fase preliminare e coeva alla conclusione del contratto di finanziamento, ma anche nella sua fase esecutiva, in ossequio alle norme codicistiche (1375 c.c.) che impongono un generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà, soprattutto laddove il debitore è l’Istituto finanziatore e non il cliente.

 

Se poi l’attività “recuperatoria” dell’Agente o del Mediatore coincide anche con la tutela del cliente-consumatore, o addirittura coincide anche con l’interesse dello stesso Agente in attività finanziaria o della società di Mediazione creditizia, non si può certo biasimare, per ciò solo, la condotta di chi ha agito nel rispetto dei doveri di diligenza, lealtà e correttezza e del superiore interesse anzidetto.

 

La posizione assunta dall’Organismo (peraltro non condivisibile, come poi si vedrà), il quale ritiene l’attività assistenziale degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi lesiva del principio di esclusività previsto dagli artt. 128 quater, comma 1 e 128 sexies, comma 3, del T.U.B., invece, mal si concilia con le esigenze di buona gestione dell’attività finanziaria in generale, con l’interesse morale, reputazionale e persino commerciale delle Società mandanti (in considerazione delle opportunità di rinnovo delle operazioni), e con le esigenze di tutela del cliente-consumatore.

 

E’ evidente che se il consumatore – come affermato dall’O.A.M. – non ha “alcuna contezza delle ragioni poste alla base della formalizzazione del reclamo e alla presentazione del successivo ricorso all’ABF”, ogni attività di informazione e di assistenza dell’Agente o del Mediatore non può che essere incentivata e favorita, e giammai limitata o condannata, atteso che essa è svolta (anche) nell’interesse del consumatore stesso, non potendosi condividere l’opinione che quest’ultimo debba acquisire da fonti esterne la conoscenza dei diritti derivanti dal contratto di finanziamento e le modalità di esazione dei crediti da esso derivanti.

 

Parimenti, la “standardizzazione” del servizio accessorio “come tecnica commerciale volta ad incrementare i volumi distributivi e a massimizzare i profitti degli intermediari del credito” (si presume, intendendosi con tale espressione la pratica del rinnovo successiva all’estinzione del finanziamento), non fa altro che favorire lo sviluppo dell’attività bancaria e finanziaria e la ripresa dell’economia con il trasferimento delle risorse dalle Banche ai consumatori.

 

Osserva ancora l’O.A.M. che, nella predetta attività accessoria, “gli intermediari del credito inizialmente non sembrano richiedere alcun anticipo al cliente, ma trattengono una percentuale del recuperato sulle somme astrattamente dovute al cliente”.

L’osservazione è corretta e va condivisa. Se è vero infatti, come si è detto e si dirà, che “l’attività

accessoria” non si pone in contrasto con i principi più volte ricordati e con le norme del T.U.B., non può invece ritenersi che essa possa essere remunerata, quanto meno laddove sia svolta dalla categoria degli Agenti in attività finanziaria e dalle società di Mediazione creditizia non iscritte nella Sezione speciale di cui al nuovo comma 2 bis dell’art. 128 sexies del T.U.B..

 

Come correttamente ricordato dall’Organismo infatti “l’Agente in attività finanziaria può svolgere in via esclusiva la promozione e la conclusione di contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma o alla prestazione di servizi di pagamento, su mandato diretto di intermediari finanziari, istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica, banche o Poste italiane (art. 128- quater, comma 1, TUB)”, oltre alle attività connesse o strumentali.

Egli è normalmente un Agente monomandatario, il quale, per obbligo di legge (art. 128 quater T.U.B.) e per impegno contrattuale con la Società mandante non può svolgere altra attività diversa da quella sopra indicata.

Per tale ragione egli non dovrebbe avere diritto ad alcun compenso per l’opera di informazione e di assistenza eventualmente prestata, dovendosi intendere che la remunerazione di tale attività sia già ricompresa nel compenso provvigionale percepito dalla Società mandante al momento della conclusione del contratto di finanziamento, che comprende anche l’assistenza successiva, e cioè quella prestata nella fase di esecuzione del contratto stesso.

Un ragionamento più articolato va svolto invece quando “l’attività accessoria” viene svolta da una società di Mediazione creditizia.

A norma dell’articolo 128-sexies del T.U.B., “ È mediatore creditizio il soggetto che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari previsti dal Titolo V con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.”

Il Mediatore creditizio, a differenza dell’Agente in attività finanziaria, non può avere un rapporto di esclusiva con una banca o altro intermediario, ma deve essere indipendente e offrire al consumatore più proposte di finanziamento di diversi intermediari. Esso svolge infatti la sua attività senza essere legato alle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.

Un tratto distintivo meno evidente dell’assoluta indipendenza del Mediatore Creditizio rispetto al legame di mono-mandato che vincola l’Agente in attività finanziaria all’intermediario, è data dalla facoltà del primo di svolgere attività di “consulenza”.

Come ricordato dallo stesso O.A.M., “sono compatibili, e dunque esercitabili da parte del Mediatore creditizio, l’attività di mediazione di assicurazione o di riassicurazione e quella di consulenza finanziaria, fermo restando i rispettivi obblighi di iscrizione nel relativo elenco, albo o registro (cfr. art. 17, comma 4-quater, del D.Lgs. n. 141/2010).”

Dalla Comunicazione dell’O.A.M. qui esaminata si evince che “l’attività accessoria” verrebbe svolta “in sede di rinnovo di operazioni di finanziamento contro cessione del quinto”, e, dunque, è indubbiamente finalizzata alla erogazione del credito.

Ora, con riguardo all’attività del Mediatore creditizio, l’O.A.M. ha ricordato ancora (Comunicazione n. 2/2013) come non siano esercitabili da soggetti che non siano iscritti nell’Elenco ex art. 128-sexies, comma 2, del TUB, tutte le attività di consulenza “qualora possano avere quale effetto la messa in contatto dell’utente con l’intermediario erogante e la successiva conclusione del contratto di finanziamento. Infatti, unicamente un’attività di consulenza che rimanga del tutto svincolata dalla possibile conclusione di un contratto di finanziamento – ipotesi assai difficilmente configurabile in concreto, se non addirittura scolastica – può essere esercitata da soggetti non iscritti nell’Elenco”.

Se ne deduce, per logico corollario , che l’attività accessoria svolta dal Mediatore creditizio in sede di rinnovo di operazioni di finanziamento è da considerarsi un’attività che rientra nell’ambito della riserva in favore degli iscritti nel relativo Elenco, in quanto finalizzata alla erogazione del credito, e dunque sicuramente compatibile con il principio di esclusività di cui all’art. 128 sexies T.U.B., senza necessità di fare ricorso alla definizione delle attività “connesse o strumentali” di cui al comma 3 della citata norma.

Solo nell’ipotesi, peraltro ora non più “scolastica”, ricordata dall’O.A.M., in cui “l’attività accessoria” dovesse rimanere svincolata dalla successiva conclusione di un contratto di finanziamento, essa potrebbe essere esercitata anche da soggetti non iscritti nell’Elenco.

Lo svolgimento in sede di rinnovo dei contratti di finanziamento dell’ “attività accessoria” consente dunque di ricondurre quest’ultima, allorchè svolta dall’Agente in attività finanziaria (nell’esercizio della sua opera di “promozione e conclusione” dei contratti di finanziamento) nell’alveo delle competenze riservate dall’art. 128-quater T.U.B., e dunque di legittimare detta “attività accessoria”, esercitata nell’ambito dei servizi resi alla clientela per i superiori interessi di cui si è detto, senza necessità di fare richiamo alle attività “connesse o strumentali” consentite all’Agente ex art. 128 quater, comma 1, T.U.B..

Le considerazioni ora esposte inducono pertanto a ritenere che “l’attività accessoria” possa essere legittimamente svolta anche dal Mediatore creditizio senza incorrere nella violazione del principio di esclusività, ma con le stesse preclusioni dell’Agente in attività finanziaria in ordine alla remunerazione, da valutare anzi con maggior rigore e selettività, da un lato, nella considerazione della possibile esistenza di interessi derivanti dalla facoltà di partecipazione delle Banche e degli Intermediari finanziari all’azionariato delle Società di Mediazione creditizia, sia pure nei limiti previsti dall’art. 17, comma 4, del D.Lgs. n. 141/2010, come modificato dall’art. 10 del D.Lgs. N. 169/2012, e, dall’altro lato, nella considerazione dei possibili interessi derivanti dalla appartenenza a Gruppi bancari o ad operazioni societarie pregresse.

Quanto sopra, vieppiù alla luce del nuovo comma 2 bis dell’art. 128 sexies T.U.B. (“Il soggetto che presta professionalmente in via esclusiva servizi di consulenza indipendente avente a oggetto la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, è iscritto in una sezione speciale dell’elenco di cui al comma 2”).

Con la riforma introdotta dall’art. 1, comma 4, lett. a), D.Lgs. 21 aprile 2016, n. 72, il legislatore ha individuato una nuova figura di soggetto Mediatore creditizio, iscritto in una Sezione Speciale, totalmente indipendente, per lo svolgimento di servizi di consulenza, prevedendo espressamente che “per queste attività è remunerato esclusivamente dal cliente”.

E’ da ritenere pertanto che tale soggetto, diversamente dagli altri, possa essere anche legittimamente remunerato dal soggetto al quale è prestata la nota “attività accessoria”.

Un ulteriore spunto di riflessione sorge dalle considerazioni espresse dall’O.A.M. con la Comunicazione in oggetto, laddove esso premette che alcuni intermediari propongono l’ “attività accessoria” “dopo aver intermediato il contratto di finanziamento contro cessione del quinto, ed aver quindi maturato la provvigione ai sensi delle disposizioni vigenti”, per concludere poi che “ai sensi dell’art. 1746, comma 1, c.c., l’agente, durante l’esecuzione dell’incarico di agenzia, è tenuto a tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. I limiti dell’operatività sopra descritta sono maggiormente evidenti nell’ipotesi in cui lo stesso agente in attività finanziaria abbia concluso – per conto dell’intermediario – con il cliente, in un primo momento, il contratto di finanziamento contro cessione del quinto e poi si sia trovato a offrire al cliente il predetto e diverso servizio accessorio di recupero degli oneri non maturati gestendone prima il reclamo e successivamente il ricorso all’ABF.”.

 

Viene in tal modo stigmatizzato il comportamento, ritenuto addirittura rilevante ai fini civilistici, di tali soggetti, i quali hanno percepito dei compensi provvigionali su operazioni per le quali successivamente facilitano e favoriscono azioni restitutorie da parte dei clienti.

Il conflitto in realtà è solo apparente ad una visione superficiale del problema, esaminata esclusivamente sotto l’aspetto economico.

Se è vero infatti che, da un punto di vista meramente economico, “l’attività accessoria” espone l’Intermediario ad esborsi restitutori (dovuti per legge), non si può certo affermare, per le cose già dette, che essa non risponda alla tutela degli interessi del preponente, evitando di esporlo ad azioni giudiziarie o al disdoro professionale.

Al contrario, lealtà e buona fede dovrebbero invece indurre gli Intermediari, come si è detto, ad avvalersi della rete distributiva per porre rimedio agli errori del passato.

Ma vi è di più.

E’ noto infatti che l’obbligo restitutivo dell’Intermediario (o del cessionario del credito) sorge solo al momento della estinzione anticipata del finanziamento, vale a dire in un momento nel quale la gestione del contratto non è più nella disponibilità dell’Agente in attività finanziaria.

Molto spesso (e ciò rappresenta la regola quando il rinnovo del finanziamento ha luogo con un diverso Istituto), l’Agente in attività finanziaria non ha nemmeno conoscenza del conteggio estintivo, prodotto dall’Intermediario e consegnato direttamente al cliente.

Ogni responsabilità relativa all’omessa o insufficiente restituzione degli oneri accessori grava pertanto in via esclusiva sul soggetto finanziatore o sulla Società mandataria o cessionaria del finanziamento.

Appare dunque inappropriato agire sulla leva morale, o deontologica o, peggio, civilistica, per limitare l’operatività di una attività da parte degli Agenti in attività finanziaria e delle Società di mediazione creditizia, che appare rispettosa delle regole, e che è anche suscettibile di favorire la ripresa dell’economia mediante la redistribuzione di una ricchezza al Consumatore.

Una diversa considerazione va fatta invece sulla qualità dell’ “attività accessoria” in oggetto, la quale, pur non essendo riservata a categorie di soggetti iscritti ad albi professionali, deve essere condotta con la competenza offerta da una consolidata preparazione nell’ambito dell’analisi finanziaria e della conoscenza giuridica, perché non si trasformi invece in un danno al Consumatore, esponendolo al rischio di conseguire rimborsi irrisori o incongrui, o di accettare transazioni inique.

 

Stante l’innumerevole diversità dei casi e delle situazioni concrete, l’attività di assistenza non può e non deve essere limitata ad una mera richiesta di rimborso – a fronte della quale ogni Istituto reagisce secondo schemi e criteri diversi, quasi sempre non rispettosi dei criteri stabiliti dalla Banca d’Italia e dalle decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario – ma deve essere condotta con competenza e professionalità, in tutte le sedi più appropriate.

 

Solo in tal modo potrà essere conseguita la piena tutela del Consumatore, la quale, giova ricordarlo, rientra tra gli obiettivi primari dell’Organismo per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi, e rappresenta il faro che deve condizionarne ogni orientamento.

 

Questo è il vero limite dell’attività accessoria svolta dalle categorie vigilate dall’Organismo.

 

 

Avv. Mercuri

 

 

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