Colossi auto verso uno sciopero senza precedenti
Un maxi sciopero fa tremare i colossi dell’automotive: nel mirino ci sono le Big Three di Detroit, ovvero Ford, General Motors e Stellantis, il gruppo italo-franco-statunitense nato dalla fusione di Fiat Chrysler e Psa. Sciopero Usa contro le big dell’automotive Il 54enne sindacalista americano Shawn Fain alla guida di Uaw (United automobile workers) ha annunciato…

Ancora nessun commento

Un maxi sciopero fa tremare i colossi dell’automotive: nel mirino ci sono le Big Three di Detroit, ovvero Ford, General Motors e Stellantis, il gruppo italo-franco-statunitense nato dalla fusione di Fiat Chrysler e Psa.

Sciopero Usa contro le big dell’automotive

Il 54enne sindacalista americano Shawn Fain alla guida di Uaw (United automobile workers) ha annunciato l’agitazione con un colpo di teatro: ha preso l’offerta di rinnovo contrattuale di Stellantis e l’ha strappata durante una diretta Facebook. Poi se n’è sbarazzato gettando il tutto nella spazzatura, “dov’è il suo posto”. Stellantis è un colosso transnazionale con profondi legami con l’Italia e gli echi dei fatti che avvengono al di là dell’oceano potrebbero riverberarsi anche da noi.

In queste settimane negli Usa diversi settori produttivi sono andati in agitazione, dagli attori e dagli sceneggiatori di Hollywood in protesta contro le minacce dell’intelligenza artificiale al personale alberghiero, dagli autotrasportatori ai metalmeccanici.

I vertici del sindacato Union auto workers hanno invitato i 150mila iscritti a votare, entro la prossima settimana, per l’adesione al maxi sciopero. Maxi sciopero che paralizzerà il settore auto a stelle e strisce dalla mezzanotte del 14 settembre in poi, fino a scadenza del contratto. E le eventuali trattative non bloccheranno l’agitazione che andrà avanti a oltranza fino al raggiungimento di un nuovo accordo.

Le richieste del sindacato

Queste, in sintesi, le richieste di Uaw per il prossimo quadriennio:

  • aumenti salariali del 46% (con il 20% subito),
  • riduzione dell’orario lavorativo,
  • eliminazione di più livelli di contratto,
  • aumento dei benefit,
  • migliore assistenza sanitaria,
  • indicizzazione all’inflazione,
  • estensione della stessa copertura contrattuale ai lavoratori in joint venture.

Danni per miliardi di dollari

Gli analisti stimano che l’agitazione potrebbe costare cara ai tre gruppi coinvolti, così come all’economia americana: verrebbero bruciati oltre 5 miliardi di dollari nel giro di 10 giorni. L’automotive è uno dei pilastri della locomotiva americana e data l’altissima posta in gioco il presidente Joe Biden si è intromesso nella querelle per invitare le parti a un “giusto accordo” entro tempi ragionevoli.

Non sono solo i tre colossi a tremare, ma anche le centinaia di aziende minori che orbitano attorno a Ford, General Motors e Stellantis in qualità di committenti relativamente alla componentistica. Così oltre i concessionari e le società di servizi.

Deutsche Bank, citata dal Sole24Ore, stima una perdita potenziale fino a mezzo miliardo di utili per ogni settimana di produzione ferma. Ford è già corsa ai ripari rendendo noto che se l’emergenza dovesse perdurare chiederebbe ai suoi impiegati di togliersi il colletto bianco per indossare la tuta blu e scendere in catena di montaggio.

L’impatto della protesta è amplificato dal fatto che le scorte di veicoli sono esigue. Intanto l’agitazione va avanti fra violenti scambi di accuse da ambo le parti.

Stellantis in Italia

Mentre il settore auto in America è in subbuglio, Stellantis annuncia un ricco piano di investimenti in Italia.

Stellantis, in particolare, sembra avere deciso di puntare sull’elettrico per gli anni a venire.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI

Più di 4 milioni i cittadini che vivono nei Comuni senza credito ne finanza

L’assenza di sportelli bancari sul territorio e l’abbandono da parte delle banche delle zone più periferiche è un problema per le persone, per i professionisti, per i risparmiatori, ma anche per le imprese: perché un minor numero di banche e di filiali, si traduce, concretamente, anche in meno credito, con conseguenze facilmente immaginabili sull’economia, sugli investimenti, sulla crescita.

Leggi »