Contratto bancari: Abi punta sulla sostenibilità, la Cgil sul potere d’acquisto
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I bancari si stanno preparando ad affrontare il negoziato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, scaduto alla fine di dicembre. Il bilancio di quello passato e le premesse di quello futuro si sono intrecciati nella prima giornata del congresso della Fisac Cgil che dovrà scegliere il nuovo segretario generale. Nell’analisi del contesto socio economico serve la «consapevolezza di un contesto complesso», dove ci sono diversi fattori che hanno tutti ricadute pesanti, dalla guerra all’inflazione, dice Ilaria Dalla Riva che guida il Comitato affari sindacali e del lavoro dell’Abi ed è cao e head of people and culture Italy di UniCredit. «Le banche non sono estranee a questo contesto – sottolinea Dalla Riva -e quindi cosa mettere in campo? Il grande patrimonio delle nostre relazioni che abbiamo saputo costruire, mantenere, alimentare». È su queste basi che «dobbiamo poggiare il percorso contrattuale soprattutto in un un mondo complesso che richiede risposte nuove», continua Dalla Riva. La storia del contratto dei bancari è molto significativa per la sua capacità di innovare e definire strumenti unici. Basti pensare, «al Fondo esuberi, così innovativo, al Fondo per l’occupazione e a tutto quello che abbiamo fatto durante la pandemia con soluzioni che non erano affatto scritte. Partiamo da questa grande capacità reciproca per arrivare da istanze diverse ad un contratto sostenibile sul fronte economico e non per poter pensare non solo all’oggi ma ad altri domani per le nostre aziende e i lavoratori», afferma Dalla Riva.

Non tutto quello che è stato fatto, però, ha un bilancio brillante, nella lettura che ne dà il segretario generale uscente della Fisac, Nino Baseotto. Le pressioni commerciali in banca, per esempio, «sono un “malcostume” che l’accordo tra l’Abi e i sindacati del 2017 non è riuscito a debellare – afferma il sindacalista -. L’esperienza di questi anni, complice la sempre più marcata evoluzione in chiave commerciale dell’attività bancaria, ha portato a forme esasperate e inaccettabili di pressioni. L’impegno e le azioni di contrasto posti in atto da tutto il sindacato, partendo da quanto definito con l’accordo, non hanno purtroppo prodotto risultati apprezzabili, a fronte di un atteggiamento delle aziende e dei gruppi che spesso ha ondeggiato tra il misconoscimento del fenomeno, la sua teorica stigmatizzazione e rari e blandi interventi concreti». Se c’è qualcosa che va riconosciuto all’accordo siglato con Abi nel 2017, per Baseotto, è il fatto «di aver ricondotto il tema delle politiche commerciali, normalmente di esclusiva pertinenza aziendale, nell’agenda delle relazioni industriali».

Il vero tema del contratto, però, sarà il potere di acquisto delle retribuzioni. «L’inflazione, ormai stabilmente a doppia cifra, combinata al peso del caro energia, richiede una soluzione capace di difendere il potere d’acquisto reale delle retribuzioni e va affrontato il tema di come remunerare la redditività media del settore, confermando anche così il ruolo unificante di un contratto in grado di aumentare le retribuzioni di tutte e tutti gli addetti», afferma il leader dei bancari della Cgil che, nella sua relazione, ha citato due criticità a cui il settore non può sottrarsi. Una è quella che definisce la desertificazione delle filiali, «che sta rendendo un pessimo servizio al paese e alle sue caratteristiche», l’altra è quella dell’occupazione, su cui «non accetteremo più la logica degli esodi superiori agli ingressi. «La tendenza ad una continua riduzione degli addetti nel settore bancario va fermata – afferma Baseotto -. Abbiamo raschiato il fondo del barile. Basta. Concretamente, ciò significa che per noi non sarà più possibile consentire esodi con il fondo di solidarietà nella logica di due che escono ed uno che entra o che dovrebbe entrare. La normalità d’ora in poi dovrà essere quella dell’uno a uno e, in alcuni casi, dovremo convenire su piani che determino un incremento netto degli addetti».

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