Il D. lgs. 141 ha modificato in maniera sostanziale l’attività dei Mediatori Creditizi
esame OAM, KRADIOS, cambiavalute

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Modifiche che hanno suscitato non poche perplessità tra i professionisti del settore ma anche tra i consumatori. Vi sono, per esercitare la professione, determinati requisiti di cui occorre essere in possesso, e questo è normale e pressoché ovvio: ciò che non è del tutto ovvio è che siano stati, in quel Decreto, previsti determinati requisiti anche per la permanenza nel neo Elenco tenuto presso OAM. Si tratta, per essere precisi, di titolo di studio non inferiore al diploma di scuola secondaria superiore, della frequenza di un corso di formazione professionale, di un’adeguata conoscenza delle materie giuridiche, economiche, finanziarie e tecniche, da accertarsi attraverso apposito esame. Il fatto di determinare però per Decreto i requisiti per la  permanenza in un determinato Elenco significa fornire alla norma il carattere della retroattività: in buona sostanza, alla base del diritto c’è la questioncina che le norme non possono mai essere retroattive, e in questo caso è legittimo supporre che qualche elemento di incongruenza vi sia perché di fatto, invece, questo Decreto retroattivo lo è, andando a colpire anche chi era già iscritto, pertanto operante, nel soppresso Albo tenuto presso UIF (in Banca d’Italia). C’è poi una’altra vicenda da tenere in considerazione, che non è di poco conto.

E cioè la previsione che il capitale sociale debba essere non inferiore a 120mila euro, regola che si applica a tutti coloro i quali vorranno svolgere l’attività di Mediatore Creditizio. E questo è un altro tasto dolente, perché ben si comprende come questo livello di capitale sociale non sia accessibile proprio a tutti, anzi. Il risultato è che a gestire l’intero mercato della mediazione del credito, restano soltanto quelli che “possono permetterselo”, cioè i grandi gruppi finanziari, i quali restano così gli unici ad essere  abilitati a mediare direttamente con gli Istituti di Credito, a tutto discapito degli ormai ex Mediatori che per anni hanno dedicato la loro attività lavorativa alla mediazione creditizia e finanziaria e che però non hanno la possibilità effettiva di costituire una società giuridica con un capitale di queste proporzioni e di sostenerne poi i relativi costi di gestione. Essi sono costretti pertanto oggi ad esercitare esclusivamente come “Collaboratori Creditizi”. Si fa fatica a capire dove sia la ratio della norma: il criterio infatti non può essere certo quello della professionalità. Da quando in qua la professionalità è dettata dalla consistenza del capitale sociale? E non finisce qui. Viene sancita anche l’incompatibilità con la contestuale iscrizione nell’Elenco degli Agenti in Attività Finanziaria e in quello dei Mediatori Creditizi, il che non solo non ha senso ma è estremamente pregiudizievole per la conduzione sia professionale che pratica dell’attività. E ancora: i Collaboratori Creditizi non possono svolgere autonomamente la propria attività di segnalazione presso più società di Mediazione del Credito bensì sono limitati a poterlo fare collaborando con un’unica società di Mediazione: questo snatura la vecchia figura del Mediatore autonomo, che aveva modo di poter reperire il miglior prodotto in mercato per il proprio cliente. La limitazione della attività lavorativa del professionista è, com’è evidente, altissima. E c’è dell’altro: la norma sancisce anche il divieto per gli Agenti Immobiliari di poter segnalare al cliente un Istituto di Credito e/o un Consulente Creditizio per la concessione di un finanziamento, pena la reclusione a un anno; e questo aspetto snatura fortemente il senso delle rispettive attività lavorative, parliamo dell’Agente immobiliare e del Mediatore Creditizio naturalmente. Perché le due professioni vanno necessariamente insieme essendo complementari l’una all’altra, come era ante Decreto: cioè compatibili tra loro.

Abbiamo sentito nel merito Michele Cotugno, un ormai ex Mediatore Creditizio, oggi promotore di due Gruppi di discussione “Agenti di Affari in Mediazione a confronto” nei social network di Facebook e Linkedin, proprio relativamente alle questioni sollevate. “Il Legislatore – dice – mi ha messo purtroppo di fronte a un bivio, con la questione dell’incompatibilità professionale tra le due attività già svolte contestualmente, cioè quella di Agente Immobiliare e di Mediatore Creditizio, oltre che con l’obbligo di capitale sociale minimo, necessario per svolgere autonomamente l’attività di Mediazione del Credito, qualora ovviamente avessi optato per continuare ad operare nella specifica sezione. Un capitale sociale così alto certamente non credo sia garanzia di professionalità del soggetto operante. Dopo l’attuazione del Decreto 141 del 2010 il numero dei Mediatori Creditizi si è ridotto drasticamente, ma il Legislatore stranamente non ha avuto orecchio sensibile alle esigenze non solo della categoria ma anche dei consumatori, perché questi ultimi prima avevano certamente maggiori possibilità di scelta. Varrebbe la pena di abrogare, o quanto meno di rettificare sostanzialmente il Decreto in questione, che impedisce di fatto al cliente di trovare tutto in una sola struttura multi service, salvo il suo diritto di scegliere di gestire le due questioni – acquisto di un immobile e possibilità di scelta del prodotto creditizio – separatamente. In questo modo, invece, i ‘grandi gruppi’ hanno la strada spianata, magari anche a scapito naturalmente di chi invece non riesce a sostenere un impegno economico così gravoso. L’abrogazione – o la modifica sostanziale – del Decreto 141 consentirebbe automaticamente alle Agenzie Immobiliari di poter riacquisire quell’autonomia operativa ormai perduta, pertanto di poter vendere nuovamente un servizio professionale completo e non più monco (curare la vendita dell’immobile e reperire per il cliente il  miglior prodotto creditizio sul mercato, come si faceva in passato) e al contempo così poter concorrere in maniera quantomeno paritetica con i grandi gruppi, che sebbene rispettino quanto previsto dal Decreto in questione, avendo loro capacità economica, possono comunque operare in ambo i settori della mediazione giacché in grado di sdoppiarsi giuridicamente, soddisfacendo di fatto tutte le reali esigenze del consumatore cliente.

“Ritengo inoltre che l’eventuale abrogazione del Decreto sarebbe un concreto stimolo anche alla ripresa dell’economia, giacché si eviterebbe la graduale estinzione di tutte quelle piccole e medie imprese di intermediazione immobiliare, oggi parti purtroppo lese. Si eviterebbe inoltre un potenziale fenomeno di abusivismo nel settore della mediazione del credito, che potrebbero essersi create proprio per effetto dell’obbligo di capitalizzazione. A questo punto mi domando: era proprio così necessario recepire in tali modalità una direttiva comunitaria, sopprimendo in concreto centinaia di migliaia di PMI già operanti, specie in un periodo di forte contrazione economica? Inoltre, non sarebbe stato sufficiente l’obbligo di formazione continua agli ex Mediatori del Credito, una polizza assicurativa professionale a tutela dei clienti ecc…, evitando quell’assurdo obbligo di capitalizzazione, che certamente non ha facilitato la libera concorrenza?”.

L’economia, lo sappiamo bene, in Italia si regge infatti principalmente sulle piccole e medie imprese che, anche in questo caso, sono estremamente penalizzate a tutto vantaggio delle grandi imprese, delle banche, della finanza ad alti livelli, che dunque dominano il mercato finanziario e immobiliare.

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