Debito dei Paesi emergenti: un’area d’investimento ancora attraente
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–          In seguito a un forte declino, iniziato nel 2010, le valute dei paesi emergenti hanno tentato recentemente di stabilizzarsi. Ciò segue l’indebolimento del dollaro e la fine del crollo del prezzo  delle materie prime.

–          La valuta cinese, allo stesso modo, sembra essersi stabilizzata dopo le svalutazioni dell’agosto 2015 e del gennaio 2016

–          Alcune valute iniziano ad apparire maggiormente attraenti rispetto all’euro e al dollaro

–          Nel frattempo, i rendimenti rimangono a un livello interessante

 

Mercati emergenti: il rallentamento a cui si è assistito negli ultimi anni è legato a numerosi fattori, tra cui l’effetto negativo dei bassi prezzi delle materie prime, condizioni finanziarie più restrittive legate alla prospettiva di un primo rialzo dei tassi negli Stati Uniti, il ribilanciamento economico in Cina, i colli di bottiglia strutturali così come le difficoltà legate a fattori (geo)politici. La crescita economica dei mercati emergenti è scesa sotto la media degli ultimi 35 anni e, inoltre, il Brasile e la Russia stanno affrontando un periodo di recessione. Tuttavia, tassi di cambio maggiormente flessibili, livelli di indebitamento estero in generale meno elevati, così come quantitativi considerevoli di riserve di valuta estera dovrebbero proteggere la maggior parte dei Paesi emergenti da una possibile crisi finanziaria in piena regola. Infine, il deprezzamento valutario osservato in numerosi mercati emergenti a partire dal 2013 dovrebbe tradursi in una maggiore competitività se combinato con ulteriori riforme per migliorare la produttività.

 

Cina: le misure di stimolo dovrebbero essere in grado di far diminuire, almeno per il momento, i timori di un atterraggio duro del Dragone. Tale scenario sarà probabilmente evitato perché gli effetti di stabilizzazione garantiti dalle misure di stimolo in precedenza adottate iniziano lentamente a farsi sentire. Gli ultimi dati sulla fiducia iniziano a mostrare i primi segnali di stabilizzazione. Dall’altro lato, le prospettive a medio e lungo termine appaiono ancora straordinariamente sfidanti, dovendo affrontare l’enorme eccesso di debito, l’invecchiamento della popolazione, la minore capacità di recupero e le difficoltà legate al prossimo ribilanciamento economico. I timori di un atterraggio duro, quindi, sono destinate ad accompagnarci per molti anni. Recentemente, i responsabili politici cinesi hanno stabilito il loro nuovo obiettivo di crescita tra il 6,5% e il 7% per i prossimi cinque anni. Tuttavia, raggiungere tali obiettivi continuando al contempo a compiere significativi passi avanti dal punto di vista delle riforme strutturali appare sostanzialmente impossibile. Benché non sia possibile escludere lo scenario di un deprezzamento una tantum dello yuan, non crediamo che ciò accadrà nei prossimi mesi. Una svalutazione gestita gradualmente rimane al momento il nostro scenario di base.

 

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