È postergato rispetto ai creditori non soci il credito di cui il socio chiede la restituzione per un finanziamento erogato in sede di start-up della società
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E il finanziamento resta postergato anche se il socio finanziatore non sia più socio quando chiede il rimborso del suo credito. Sono questi i principi dettati dal Tribunale di Milano con la sentenza n. 1658/2015.
Per giungere a enunciarli il Tribunale ha dato, anzitutto, una definizione della situazione che costituisce il presupposto per l’operatività della disciplina della postergazione del credito dei soci verso la società da essi finanziata rispetto a quello dei non soci verso la società stessa. La postergazione è disposta dall’articolo 2467 del Codice civile.
Ebbene, secondo i giudici milanesi, si ha la postergazione del credito del socio (derivante da un finanziamento effettuato alla società) rispetto a quello dei creditori diversi dai soci quando il finanziamento sia effettuato in un momento in cui la società si trovi in una situazione di crisi economica e finanziaria tale da far supporre il rischio della sua insolvenza.
Dettato questo principio, il Tribunale ne fa conseguire altri due: che al finanziamento effettuato quando la società versi in uno stato di crisi deve essere equiparato il finanziamento effettuato dal socio in una situazione (quale quella in cui si trova una società neo costituita) di originaria insufficienza delle risorse economiche rispetto all’adempimento dei debiti derivanti dall’attività che la società intende intraprendere; e che la disciplina della postergazione del credito del socio rispetto al credito dei creditori diversi dai soci si applica anche al soggetto che fosse socio al momento in cui il finanziamento venne effettuato, ma che non sia più socio per aver ceduto la sua partecipazione al capitale sociale.
L’articolo 2467 del Codice civile stabilisce, infatti, che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori (e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito) qualora si tratti di finanziamenti concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, «risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto» oppure «in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento».
Per il Tribunale di Milano (che, sul punto, richiama il proprio precedente rappresentato dalla sentenza dell’11 novembre 2010, nella causa n. 9788/2009) si concreta la situazione delineata dal legislatore con le espressioni normative citate quando per la società vi sia «il rischio di insolvenza».
Secondo il Tribunale, inoltre, la postergazione dei finanziamenti concessi dai soci alla società opera anche in ipotesi in cui quest’ultima non versi in una situazione critica sopravvenuta, ma in uno stato (tuttavia equiparabile a questa sopravvenuta situazione critica, secondo il criterio normativo in esame) di originaria insufficienza delle risorse economiche rispetto all’adempimento dei debiti correnti derivanti dall’attività intrapresa.
Nella fattispecie, i finanziamenti soci vennero erogati nella fase iniziale della vita della società, la quale aveva un capitale sociale di poche migliaia di euro e, dunque, non aveva adeguati mezzi propri per affrontare un’importante operazione edilizia che sarebbe stata di lì a poco eseguita e per la quale era verosimile e ragionevole supporre che non potesse facilmente reperirsi un finanziatore terzo, disposto a impegnare somme importanti, con la prospettiva di recupero del mutuo ancorata solamente alle prospettive di vendita delle realizzande unità immobiliari.
Non si verteva insomma in una situazione di crisi in cui la società in questione fosse precipitata, ma in uno stato (comunque analogo a una situazione di crisi), di mancanza di adeguati mezzi finanziari per poter adempiere ai debiti da assumere al fine della realizzazione della progettata operazione immobiliare.
Secondo il Tribunale di Milano, inoltre, non può fondatamente sostenersi che l’uscita dalla compagine sociale del socio finanziatore, per intervenuta cessione della sua quota, possa comportare l’automatica esclusione dalla disciplina della postergazione (di cui all’articolo 2467 del Codice civile) del credito al rimborso delle somme erogate dal socio alla società a titolo di finanziamento, dato che la norma in questione è posta a salvaguardia delle aspettative del ceto creditorio, sulla quale non possono evidentemente incidere le vicende successive e soggettive del socio finanziatore.
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