Equitalia non dovrebbe arrivare al 2018
La rateizzazione torna nel vivo

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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri, abbiamo appreso, con estremo sconcerto, che Equitalia “non dovrebbe” arrivare al 2018…

Così comincia la lettera aperta che le Organizzazioni sindacali del Settore riscossioni hanno scritto a Matteo Renzi, a seguito delle sue dichiarazioni “spontanee” dei giorni scorsi, che prefiguravano la soppressione di Equitalia come punto di arrivo di un processo di riorganizzazione del sistema per renderlo meno vessatorio e più rispondente alle necessità del cittadino.

Al di là del naturale sconcerto che l’annuncio di un progetto di tale importanza sia stato fatto ai media, prima che alle parti interessate, il nostro Primo Ministro ci ha da tempo abituati a leggere il programma del suo Governo su Facebook e su Twitter, piuttosto che a vederlo discusso là dove la Costituzione prevede: in Parlamento. I sindacati si chiedono legittimamente come mai, visto che Equitalia si limita ad applicare la legge, giusta o sbagliata che sia, perché, proprio il Governo non si sia mosso per cambiare quella legge.

Non è forse che, come va tanto di moda nel nostro Paese, Renzi, non diversamente da chi lo ha preceduto, sia alla ricerca di un “capro espiatorio” da esporre alla pubblica riprovazione e a cui addossare tutte le responsabilità di una macchina dello stato che, se pur recentemente “imbellettata”, continua a far acqua da tutte le parti?

Una cosa è certa. Il clima di incertezza, che le parole del Primo Ministro hanno innescato, non fa bene ai lavoratori di Equitalia, che si sentono costantemente sotto accusa e che spesso vengono minacciati fisicamente per il solo fatto di compiere il proprio dovere, ma non fa bene nemmeno al sistema-Paese, perché crea confusione e complica ulteriormente non solo la modalità di riscossione dei tributi ma, in un certo senso, rende poco credibile quel principio su cui si fondano la maggior parte delle democrazie occidentali, quello cioè che le tasse vanno pagate.

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