Dopo Eurofidi nel settore si respira un’aria di profonda preoccupazione
Andrea Giani nuovo direttore generale di Eurofidi

Ancora nessun commento

Il più grande Confidi in Italia, è stato messo ufficialmente in liquidazione il 15 settembre scorso, era partecipato al 19% dalla Regione Piemonte e, per la parte restante, da un gruppo di imprese e banche fra cui Unicredit, Intesa Sanpaolo e Banco Popolare.

Dopo quasi 40 anni di attività e dopo essere stato per molto tempo il punto di riferimento per il reperimento di risorse finanziarie da parte delle piccole e medie imprese, Eurofidi ha terminato la sua storia, che resta comunque un caso di successo.

Dal 1979 al 2014 Eurofidi ha infatti erogato complessivamente dal settore bancario, in favore delle imprese associate, appartenenti a ogni settore merceologico, quasi Euro 30 miliardi di finanziamenti, emettendo circa 225.000 garanzie per un totale di oltre Euro 15 miliardi.

Eurofidi era presente con oltre 20 punti operativi in tutte le regioni Italiane, ad eccezione del Friuli (l’ufficio di Montegnacco, in provincia di Udine, era già stato chiuso all’inizio del 2016).

Un business model basato su tre principali linee di prodotto: garanzie bancarie, fidejussioni e reperimento di fonti di finanziamento, ma che negli ultimi tempi si stava ampliando anche grazie alla partnership con alcune reti di mediazione creditizia con cui aveva stretto una decina di accordi.

La decisione di porre il Confidi in liquidazione è stata presa dal consiglio di amministrazione quasi all’unanimità (contraria solo la Cassa di Risparmio di Savigliano).

Eurofidi, che negli ultimi anni aveva anche ricevuto una ispezione di Banca d’Italia, non è riuscito a portare a termine il piano industriale 2015-2017 che prevedeva una visione strategica del ruolo di Eurofidi all’interno del panorama nazionale dei Confidi e del Credito.

Eurofidi era un Confidi sui generis nell’azionariato e nell’operatività nazionale, causa prima del suo successo nei decenni precedenti, ma anche della sua caduta odierna, legata soprattutto a ragioni di mancata volontà politica di rilancio da parte delle banche e della Regione Piemonte.

Le nuove regole previste per il funzionamento del Fondo Centrale rilanciano un’alleanza banca-confidi dopo anni di diffidenza tra questi due mondi, la Banca d’Italia non lo aveva ancora autorizzato l’iscrizione all’Albo, differentemente dagli altri soggetti vigilati che avevano formulato analoga richiesta.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI