«In Europa tassi bassi ancora a lungo» La Bce teme la minicrescita senza lavoro

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Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha lasciato invariati i tassi di interesse allo 0,5% e ha confermato «compatto» l’orientamento di politica monetaria volto «a mantenere i tassi costanti o più bassi per un periodo prolungato di tempo».
Dopo giorni di grande attesa il presidente Mario Draghi ha dunque rilanciato la formula introdotta a luglio, con la quale i banchieri centrali europei per la prima volta hanno dato una maggiore certezza sulla futura politica monetaria accomodante. Con l’obiettivo di contenere la volatilità e di mantenere «al ribasso» l’orientamento di politica monetaria. Un’indicazione che rappresenta una «forte chiarificazione» rispetto al passato. E un orientamento con il quale la Bce si distanzia anche dalla Fed. Inoltre il numero uno di Eurotower ha anche confermato che il Consiglio ha discusso, «un possibile taglio dei tassi», senza trovare la maggioranza necessaria, con i governatori divisi fra i più ottimisti sulla crescita, e altri, che invece ritengono la crescita ancora «troppo acerba».
Tuttavia la Bce rimane «pronta ad agire», perché il Pil dell’eurozona è cresciuto nel secondo trimestre dello 0,3%. Un segno positivo dopo sei trimestri di crescita negativa, trainato soprattutto dalla domanda interna, e dalle esportazioni, mentre continuano a migliorare anche i barometri della fiducia. E quindi lo staff della Bce ha aumentato le stime del Pil per quest’anno, prevedendo un calo dello 0,4% – lo 0,2% in più rispetto alle previsioni di giugno – mentre l’economia tornerà a crescere al ritmo dell’1% (lo 0,1% in meno) nel corso del 2014. Le previsioni di inflazione sono state riviste leggermente al rialzo, all’1,5% per il 2013 e l’1,3% per il 2014.
Tuttavia Draghi si è espresso in modo «molto molto cauto» sulla ripresa in atto, perché i germogli della crescita sono ancora «molto verdi». Infatti su quest’ultima pesano ancora «rischi al ribasso», anche per le incertezze geopolitiche in atto (soprattutto in Siria), «l’elevata disoccupazione» e per gli eventuali shock di aumento dei prezzi delle materie prime e del petrolio, che lascia la Bce comunque pronta ad agire, anche sul fronte della liquidità rimandando al dibattito all’incontro di Basilea dei governatori, nel fine settimana.
La continuazione della politica monetaria espansiva e le prospettive economiche, comunque migliori, hanno spronato le Borse: Milano ha guadagnato lo 0,78%, Londra lo 0,89%, Parigi lo 0,66% e Francoforte lo 0,48% (nonostante il calo del 2,7% degli ordini all’industria tedeschi). In calo l’euro, a quota 1,3125 dollari. Per la prima volta il rendimento dei Bund tedeschi decennali è balzato oltre il 2%, ai massimi dal marzo del 2012. Il miglioramento della frammentazione dei mercati in corso contribuisce a far aumentare i tassi tedeschi, ha spiegato Draghi, in quanto i tassi dei Bund negli ultimi tre anni erano rimasti «artificialmente bassi», a causa dell’effetto di «porto sicuro» dei titoli tedeschi, che hanno attratto capitali. Ora invece, i capitali affluiscono anche in altri paesi dell’euro.
Migliorano le stime, ma Draghi è rimasto cauto, e ha quindi esortato i governi dell’eurozona a «non sciupare gli sforzi fatti per riequilibrare i bilanci pubblici». L’austerità era necessaria, ma ora «per il risanamento dei conti pubblici servono misure favorevoli alla crescita», non un aumento delle tasse ma un taglio della spesa pubblica.
Infine, quanto al dibattito sul potere di chiusura delle banche in difficoltà, Draghi ha precisato che la Bce, quando assumerà i compiti di vigilanza, farà «una sua valutazione, in totale indipendenza, sull’operatività di una banca e poi la trasmetterà alle autorità di risoluzione delle banche, che in molti paesi sono i governi». A loro spetterà «decidere cosa fare».

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