Finalmente una seduta positiva per la Borsa di Milano
borsa italiana

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Finalmente una seduta positiva per la Borsa di Milano e le piazze europee dopo che la Banca del Giappone ha sorpreso tutti imponendo tassi di interesse negativi. La decisione ha fatto fare un bel balzo ai listini in Asia, ma solo temporaneamente, mettendo al contempo in difficoltà lo yen. L’indice Nikkei ha prima guadagnato e poi perso 1.000 punti per poi chiudere a +2,8%. La Bank of Japan ha adottato una tale misura drastica nel disperato tentativo di rivitalizzare l’economia traballante nazionale. Ma Nomura teme per l’impatto negativo che potrebbe avere sugli utili delle banche, in particolare quelle più piccole.

Sullo sfondo rimangono sempre i gravi e annosi problemi delle banche italiane e l’incertezza sul futuro del business petrolifero. A Piazza Affari l’attenzione sarà sempre rivolta al settore finanziario, da due giorni in preda alle vendite dopo che il progetto della bad bank è stato giudicato dal mercato insufficiente. Fari puntati sopratutto su MPS, che ha riportato conti contrastati. Se si escludono gli effetti dell’operazione Alexandria con Nomura, la banca avrebbe chiuso con una perdita superiore ai 100 milioni, ma comunque inferiore alle attese degli analisti.

Non sono stati forniti abbastanza dettagli sul piano anti sofferenze e le garanzie statali non varranno per i crediti più rischiosi, In certi casi, infatti, alle banche potrebbe proprio non convenire cartolarizzare e vendere le sofferenze. Se la bomba da 201 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi non verrà disinnescata, l’Italia rischia di diventare la nuova Grecia per l’Eurozona e per l’intera ripresa economica mondiale.

Il tutto mentre negli Stati Uniti la Federal Reserve ha perso la Trebisonda. L’intenzione di Janet Yellen è quella di favorire un ritorno alla normalità dopo anni di tassi zero ai minimi storici, ma proprio nel mese in cui ha imposto il primo storico rialzo dei tassi dopo quasi un decennio, le condizioni esterne e interne sono andate deteriorandosi. Le turbolenze di mercato, legate al rallentamento della Cina e alla crisi delle materie prime, hanno rafforzato il dollaro e messo in ginocchio le aziende del settore energetico. Per l’ex economista della Casa Bianca Austan Goolsbee, e non solo lui, la Fed potrebbe finire per abbassare, anziché alzare, il costo del denaro.

I dati macro su manifatturiero e consumi sono stati deludenti negli ultimi tempi in Usa e lo scenario per il 2016 è a tinte fosche. Anche il mercato del lavoro, in teoria uno dei punti di forza della prima economia al mondo, ha un suo lato debole: i salari rimangono ancora fermi e la qualità dei posti di lavoro creati è messa in dubbio da alcuni economisti, visto anche il tasso di partecipazione alla forza lavoro resta sempre basso, sotto il 63%.

Tra le materie prime, il petrolio si assesta in area 33 dollari al barile in Usa (mercato Wti) dopo una seduta sull’ottovolante, la cui direzione è stata dettata dal rincorrersi delle speculazioni sulle prossime mosse dell’Opec e sull’eventualità di una riunione di emergenza con la Russia e altri paesi che non fatto parte del cartello dei produttori di greggio.

Sul valutario l’euro ritraccia in area 1,09 dollari, mentre il biglietto verde avanza nei confronti di un paniere di divise rivali. Sulla moneta giapponese guadagna due yen pieni, sopra quota 121.

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